29.09.2015

La voluntary-bis scopre le carte In arrivo anche la salva-Regioni

  • Il Sole 24 Ore

Con il Consiglio dei ministri in programma questa mattina è il giorno della verità per la voluntary, ma sul tavolo del Governo dovrebbero approdare anche altre norme pesanti, in particolare quelle dedicate alla finanza locale.
Dopo settimane giocate sul filo dell’ambiguità, e dopo che il Cdm di venerdì scorso aveva dovuto prendere atto dei “pre” correttivi del Colle, la chiusura definitiva della finestra per l’adesione al programma di rientro (legge 186/14) è ormai dietro l’angolo, arriva tra poco più di 24 ore. La mancata adozione del decreto questa mattina potrebbe avere esiti irreversibili – in sostanza, niente proroga, e niente neutralizzazione delle clausole sull’aumento delle accise carburanti, che quindi scatterebbe da giovedì – e così il conflitto sui testi, che finora ne ha arenato il rilascio e che è durato fino a ieri sera, dovrà essere superato. La soluzione più semplice a questo punto sembra ridurre il tutto a un solo articolo del Dl che allungherà al 30 novembre il termine per la prima istanza di voluntary e al 31 dicembre quello per l’integrativa e per la relazione.
Perché su tutto il resto c’è ancora battaglia. Se l’Agenzia ha continuato a chiedere un’addizionale per i ritardatari (bocciata, sembra) e soprattutto una decadenza più lunga per non affondare nell’imbuto di fascicoli – a ieri sera le istanze sono salite oltre soglia 40mila, raddoppiate in 10 giorni – dall’altro c’è chi pretende che entro quel nuovo termine le Entrate chiudano tutta la pratica di liquidazione, evitando l’«effetto salame». In sostanza si vorrebbe impedire all’Agenzia, con una norma specifica, di affrontare le singole annualità del contribuente nei limiti della decadenza: in questo modo la chiusura del programma di voluntary durerebbe 5 anni per ogni candidato al rientro, con l’effetto collaterale di bloccargli le disponibilità passate nel frattempo in gestione agli intermediari. Al danno per il contribuente si aggiungerebbe anche quello per l’Erario, che incasserebbe il prezzo della sanatoria a piccole dosi e a effetto ritardato.
Tra i temi scivolati dentro e fuori le varie versioni dei testi, c’è poi quello di alzare l’asticella per i regimi forfetari semplificati (oggi soglia a 2 milioni di euro) ma è probabile che questo dettaglio finisca semmai, come gli altri, negli emendamenti in sede di conversione.
All’esame del Consiglio dei ministri di questa mattina dovrebbe arrivare anche un pacchetto di norme sulla finanza locale, che interessano in particolare la grana dello sblocca-pagamenti nelle Regioni e il problema delle delibere comunali sui tributi approvate dopo il 30 luglio, termine per la chiusura dei preventivi (tranne che in Sicilia, dove la scadenza è domani).
Sul primo punto, il problema è rappresentato dall’utilizzo che molte Regioni hanno fatto dei 23,7 miliardi prestati dal Governo per permettere di onorare le fatture arretrate dei fornitori. Il bubbone è scoppiato soprattutto in Piemonte, con la sentenza 181/2015 della Corte costituzionale che ha giudicato illegittimo il consuntivo 2013 contestando in pratica l’utilizzo dei prestiti statali per il finanziamento di nuova spesa corrente, ma a leggere le analisi della Corte dei conti parecchi punti interrogativi emergono anche lontano da Torino, dove la sentenza della Consulta ha fatto emergere un deficit aggiuntivo da 2,5 miliardi. Con un intervento in tre mosse, la bozza preparata in questi giorni riscrive la contabilizzazione degli anticipi, “regola” il problema delle Regioni (Lazio in primis) che hanno utilizzato gli assegni statali anche per evitare l’accensione di nuovi mutui e corregge anche i bilanci degli ultimi due anni. L’ipotesi di correttivo poggia su un meccanismo articolato, che in sintesi chiede alle Regioni di iscrivere in un fondo vincolato fra le entrate per accensione di prestiti i soldi anticipati dallo Stato, e in ognuno dei 30 anni del rimborso prevede la reiscrizione sia in entrata sia in spesa (nel fondo vincolato) della somma non ancora restituita, indicando come spesa effettiva la sola quota da rimborsare nell’anno. La questione è complessa sul piano tecnico ma semplice nella sua finalità, che è quella di evitare l’emersione di un disavanzo extra a livello di consolidato della Pa. Resta il problema dei «buchi» che si sono già aperti nei conti regionali, e che una rettifica contabile non basta certo a finanziare. Intanto, sempre in fatto di sblocca-pagamenti, ieri è stato pubblicato il decreto che dà il via alla distribuzione degli 850 milioni previsti dal Dl 78/2015 per i debiti scaduti a fine 2014.
Tornando al Consiglio dei ministri, per i Comuni c’è invece in rampa di lancio la sanatoria delle delibere sui tributi locali approvate dopo il 30 luglio. L’ipotesi è di far “rivivere” tutte le decisioni fiscali adottate fino a oggi, anche se questo potrebbe complicare un po’ i conti sui rimborsi da garantire ai Comuni a partire dall’anno prossimo, con l’addio alla Tasi.