19.07.2013

La svolta di Mps, contendibile dopo 541 anni

  • Il Corriere della Sera

«Scomparire». Per il presidente Alessandro Profumo è il destino del Montepaschi se non si aumenterà il capitale e non si tornerà a produrre utili per ripagare i 4,07 miliardi di Monti bond. Dunque niente dividendi, ha avvisato l’amministratore delegato Fabrizio Viola, sicuramente non dall’anno prossimo: «Mi sento di escluderlo a prescindere dall’utile. C’è un tema di ricapitalizzazione anche con l’autofinanziamento». Ieri comunque un punto fermo è stato raggiunto: l’assemblea ha approvato l’eliminazione del tetto azionario al 4% per i soci diversi dalla Fondazione Mps, secondo le richieste di Commissione europea, Banca d’Italia e Tesoro, per fare in modo che i Monti bond non vengano considerati aiuti di Stato. Una “rimozione indifferibile e non evitabile”, secondo il presidente della Fondazione Mps, Gabriello Mancini (alla sua ultima assemblea alla guida dell’ente di Palazzo Sansedoni) nonostante uno striscione di alcuni oppositori appeso fuori dal palazzo gridasse al «golpe sotto l’ombrellone». Era anche un tetto che Viola e Profumo intendevano eliminare per rendere la banca più interessante per un potenziale investitore, per un nuovo socio «speriamo non del settore, perché questo significherebbe che vuole comprarci, cosa che vorremmo evitare». Ma che comunque oggi «non si vede all’orizzonte». L’assemblea ha anche revocato il consigliere Michele Briamonte, indagato per insider trading nella presunta fuga di notizie relative alle cause civili contro Nomura e Deutsche Bank. Il cambio di statuto era un punto chiave, almeno simbolicamente: è caduto l’ultimo baluardo a difesa di Rocca Salimbeni. Una svolta dopo 541 anni.Non sarà di ostacolo la Fondazione, il cui attuale 33,5% in Mps è destinato a scendere attorno al 10% tra vendita delle proprie azioni per ripagare i debiti e aumento di capitale per i Monti bond. Dai tempi d’oro in cui l’ente era al secondo posto nelle classifiche dell’Acri con 6 miliardi di patrimonio, è scivolato via via fino al 18esimo, secondo i dati comunicati ieri, con appena 626 milioni (e debiti per 350 milioni). Anche la prossima deputazione sarà meno senese: Comune e Provincia nomineranno solo 6 dei 14 consiglieri (oggi sono 13 su 16) e il sindaco Bruno Valentini ha fatto sapere che per il nuovo presidente pensa a una figura di peso nazionale. In pochi anni Fondazione ha sacrificato l’intero patrimonio sull’altare del «del 51% a tutti i costi», secondo l’indicazione della politica locale, che pure dalla cinghia di trasmissione banca-fondazione aveva avuto sostegni colossali: circa 2 miliardi totali di erogazioni sul territorio.

Ora la partita si gioca con il commissario alla Concorrenza, Joaquim Almunia. «Abbiamo presentato la documentazione il 17 giugno, siamo in attesa, non posso dire nulla», ha spiegato Viola. «L’auspicio è che non siano tempi lunghi. Da circa un anno non emettiamo obbligazioni senior perché prima gli investitori vogliono vedere come si chiude il processo con la Ue». Ma ha anche escluso che il Monte sia una «anomalia» per Bruxelles: «Ci sono circa 60 casi di banche europee con salvataggi di Stato, ci sono state situazioni chiuse abbastanza rapidamente e altre piuttosto lunghe». Un passaggio a favore della banca potrebbe arrivare dalle esternalizzazioni di circa 1.100 dipendenti: già ad agosto potrebbe arrivare qualche comunicazioni. Anche sull’aumento di capitale per 1 miliardo con esclusione del diritto d’opzione Viola e Profumo non si sono sbilanciati né su un eventuale innalzamento a 2 miliardi né sull’introduzione del diritto di opzione, di cui pure si è parlato sul mercato. Profumo in assemblea ha voluto essere chiaro: «La volontà di tenere la banca a Siena è di questo consiglio ma per farlo dobbiamo essere indipendenti e dunque avere una base patrimoniale, perché se non potremo restituire i Monti bond la banca verrebbe nazionalizzata e poi venduta a pezzi o per intero a un altro gruppo. E scomparirebbe dalla città». Per evitarlo, banca e Fondazione devono ancora «lavorare molto bene assieme», la prima per trovare sottoscrittori dell’aumento, la seconda per trovare acquirenti per i titoli da vendere: «Nel rispetto delle norme e dei ruoli le due cose vanno fatte dunque con coordinamento».