22.06.2020

La quota pignorata non si tocca

  • Italia Oggi

E’ reato vendere a terzi le quote pignorate della srl anche se la cessione avviene prima che l’esecuzione forzata sia iscritta al registro delle imprese. E ciò perché la mancata esecuzione dolosa del provvedimento del giudice si consuma dopo che l’ufficiale giudiziario ingiunge al debitore di non compiere qualsiasi atto che sottragga le partecipazioni alla garanzia del credito, mentre l’annotazione alla Camera di commercio rappresenta soltanto una formalità che consente di proseguire alla procedura civile di espropriazione. Oltre che a dirimere i conflitti fra creditore pignorante e terzo acquirente. Lo stabilisce la Cassazione con la sentenza 16496/20, pubblicata dalla sesta sezione penale, che interviene su di una questione piuttosto dibattuta nella giurisprudenza di legittimità.

 

Il caso. Diventa definitivo il sequestro preventivo disposto sulle partecipazioni nella srl a carico dell’indagato per il reato ex articolo 388, comma quinto, Cp: il sostituto procuratore generale chiedeva invece l’accoglimento, a riprova del fatto che la soluzione è tutt’altro che pacifica. Dopo la notifica del precetto e del pignoramento da parte del creditore, l’imprenditore vende le quote della società alla figlia. E non conta che l’esecuzione forzata al momento non risulti iscritta al registro delle imprese. Il tutto benché l’espropriazione delle quote srl risulti assimilata al pignoramento immobiliare, che prevede la trascrizione nei registri. Va confermata invece la valutazione secondo cui la trascrizione ha un’efficacia soltanto dichiarativa e non esclude che sussista il fumus del reato ai fini della misura cautelare.

Non giova alla difesa invocare l’indirizzo interpretativo più «garantista», secondo cui il Tribunale nell’accogliere il ricorso del pm violerebbe l’articolo 2471 Cc. Ciò sul rilievo che il pignoramento delle quote societarie viene sì eseguito con la notifica al debitore e alla compagine, ma si completa soltanto con la successiva iscrizione nel registro delle imprese; una lettura, questa, cui si contrappone l’orientamento più «rigorista» secondo il quale l’efficacia soltanto dichiarativa della trascrizione non può escludere che sussista il reato. Vediamo perché il collegio ritiene di aderire alla seconda interpretazione. La partecipazione di una società a responsabilità limitata non può essere assimilata a beni mobili dal momento che non è rappresentata da titoli azionari: affinché si perfezioni il pignoramento viene richiesta come necessaria formalità costitutiva l’iscrizione nel registro delle imprese a norma del nuovo articolo 2471 Cc; il tutto mentre il decreto legge 185/08, convertito dalla legge 2/2009, ha abolito il libro dei soci nelle srl, sopprimendo dunque anche la relativa annotazione.

Con l’entrata in vigore della riforma del diritto societario nella giurisprudenza civile di legittimità si è andato consolidando il principio secondo cui in tema di pignoramento della partecipazione nella srl il conflitto fra il creditore pignorante e l’acquirente delle quote deve essere risolto a norma dell’articolo 2914, numero 1, Cc, quindi in base allo stesso criterio che disciplina gli effetti del pignoramento immobiliare o dei beni mobili iscritti nei pubblici registri, come le automobili: colui che ha trascritto per primo prevale senza che rilevi la verifica della condizione soggettiva di buona fede. Ciò benché la vendita della partecipazione non si «trascriva» nei pubblici registri ma si «iscriva» nel registro delle imprese, come d’altronde anche il pignoramento. E nonostante che la pubblicità commerciale, quanto a effetti traslativi, non sia equiparabile alla pubblicità immobiliare.

L’assimilazione del pignoramento delle quote srl a quello immobiliare impone allora di affrontare la questione dell’efficacia ai fini penali della pubblicità del vincolo d’indisponibilità del bene soggetto a esecuzione forzata. E la soluzione è che agli effetti del reato di sottrazione di beni sottoposti al pignoramento non rileva l’iscrizione dell’atto nel registro delle imprese, per quanto equiparabile alla trascrizione nei registri immobiliari: l’interpretazione contraria, infatti, non risulta convincente sotto il profilo dell’offensività del fatto e sul piano soggettivo del principio di colpevolezza. A non convincere, soprattutto, è la tesi secondo cui l’iscrizione ha una funzione costitutiva e, dunque, il reato per la cessione delle quote a terzi andrebbe escluso perché il pignoramento non sarebbe perfezionato prima dell’annotazione presso l’ente camerale. L’effetto, infatti, è paradossale: costituirebbero reato soltanto gli atti di alienazione iscritti dopo la trascrizione del pignoramento e in quanto tali inefficaci rispetto alla procedura esecutiva perché mai potrebbero sottrarre il bene alla garanzia del credito. La sottrazione dei beni pignorati punita dalla norma, invece, non può che essere riferita agli atti di disposizione compiuti in epoca successiva e in violazione dell’ingiunzione, rivolta al debitore, di non compiere atti di dispersione e distrazione. E ciò proprio perché possono sottrarre il bene alla procedura in quanto anteriori all’iscrizione da cui scaturisce il vincolo d’indisponibilità.

Il resto ha rilevanza solo nel civile. Il fatto che il vincolo sia opponibile ai terzi conta unicamente nella procedura esecutiva: ai fini della successiva vendita forzata il giudice dell’esecuzione non può non riconoscere tutela ai terzi che grazie allo specifico regime legale di pubblicità degli atti non possono essere danneggiati da un pignoramento a loro non opponibile. Agli effetti penali, invece, rileva il contenuto precettivo del vincolo di indisponibilità, che resta identico in tutte le forme di esecuzione forzata. E che è ben descritto dall’articolo 492 Cpc, secondo cui l’ingiunzione rivolta dall’ufficiale giudiziario al debitore è a astenersi da qualsiasi atto che possa sottrarre il bene alla garanzia del creditore. Ancora. La priorità assoluta a chi trascrive o iscrive per primo nel registro, al di là della condizione soggettiva di buona o mala fede, può avere nel civile una giustificazione coerente per assicurare la certezza dei rapporti giuridici. Ma non si concilia col principio di colpevolezza che è alla base della responsabilità penale e che invece va accertata in concreto e caso per caso.

Nel civile il compratore che trascrive l’acquisto al registro delle imprese prima che sia iscritto il pignoramento salva le quote srl dall’espropriazione anche se l’atto è compiuto dopo la notifica dell’ingiunzione al debitore. Ma se si prova il dolo l’acquirente risponde del reato ex articolo 388, quinto comma, Cp in concorso con l’esecutato. Sono comunque esclusi conflitti fra l’ordinamento civile e quello penale. È vero: l’acquisto effettuato dal terzo, per quanto in mala fede, prevale sul pignoramento iscritto in epoca successiva. Risulta tuttavia esperibile l’azione revocatoria ex articolo 2901 Cc come specifico strumento di tutela per rimuovere gli effetti dannosi di un negozio posto in essere in accordo fraudolento col debitore in pregiudizio delle ragioni del creditore.

Nel caso della pronuncia commentata, insomma, non può che essere confermato il sequestro preventivo delle quote della società agricola. Il ricorso per cassazione contro le misure cautelari reali può essere proposto soltanto violazione di legge e non per vizio di motivazione. E per ritenerle legittime non serve la gravità degli indizi, ma un quadro indiziario minimo. Pesa la stretta parentela fra cedente e cessionaria: la figlia risulta indagata insieme al padre, mentre non c’è dubbio che l’imprenditore sappia del pignoramento prima della formale iscrizione nel registro delle imprese.