11.11.2024

La nuova Abi guarda alla sicurezza e al Mediterraneo

  • La Repubblica

Una Associazione Bancaria che svolga un ruolo di “catalizzatore”, facendo da «cinghia di trasmissione degli interessi sostenibili di un’industria che rimane centrale», con particolare attenzione alle piccole realtà, che hanno maggiori difficoltà a far valere il proprio peso tra le istituzioni e gli stakeholder. E, in ambito europeo e internazionale, con l’aspirazione di «assumere un ruolo centrale nelle dinamiche più rilevanti del settore bancario europeo, compreso il consolidamento dell’Unione Bancaria e del Mercato Unico dei Capitali». L’Abi cambia. Il “Piano di trasformazione e persone”, come lo ha definito in una prima presentazione alla stampa Marco Elio Rottigni, direttore generale dell’Abi dall’1 luglio 2024, sta già entrando nel vivo, anche se l’attuazione dettagliata delle iniziative partirà tra il dicembre di quest’anno e il gennaio 2025. «Sono fiducioso perché ho cominciato a toccare con mano la qualità delle persone », afferma Rottigni, che sottolinea anche come verranno coinvolte tutte le realtà che costituiscono la galassia Abi, da Abi Lab e Abi Servizi alla Fondazione Ravà, un ente del terzo settore che sviluppa anche una consolidata attività scientifica nel settore agrario. Scelti pochi giorni fa anche gli advisor: tra le proposte di Boston Consulting, McKinsey, Bain & Company e Deloitte («tutte di livello molto elevato», sottolinea Rottigni) sono state selezionate le ultime due, perché più aderenti agli obiettivi dell’Abi.

Sono già state delineate le direttive principali attraverso le qualisi snoderà il piano, che poi sono anche le sfide principali che il settore bancario si trova ad affrontare in questo momento: digitalizzazione e innovazione tecnologica; cybersecurity, anti financial crime e protezione dei dati; regolamentazione, compliance e fiscalità; cambiamenti climatici e sostenibilità; concorrenza non tradizionale; internalizzazione e trend geopolitici; cambiamenti demografici e disequilibri; gestione dei talenti e della forza lavoro. E individuate anche le risorse, sulle quali è però aperto il confronto: è già certo che per la transizione digitale serviranno tra i 6 e i 7 miliardi annui, di cui una quota del 7% verrà investita nelle attività di cyber security. Al di là dei progetti, quello che cambierà, e che in parte è già cambiato, è il ruolo che l’Abi vuole giocare in Italia e in Europa, e anche nei rapporti con i Paesi extraeuropei. Un ruolo “proattivo”, trovando forme di partecipazione che siano di stimolo per gli altri attori, «anticipando il bisogno, piuttosto che subirlo», precisa Rottigni. Un esempio concreto è già emerso nella questione degli “extraprofitti”, finiti sul tavolo della legge di Bilancio sia l’anno scorso che quest’anno. Ma quest’anno l’Abi ha agito in modo diverso rispetto alla manovra 2024: non appena il governo ha cominciato di nuovo a ragionare sulla possibile tassazione degli extraprofitti, si è aperto un tavolo con le banche, senza aspettare che il governo mettesse a punto le norme. E le misure che sono venute fuori per la manovra 2025 sono «frutto di un dialogo costruttivo e convergente»: di tassazione degli extraprofitti non si è più parlato, mentre il contributo delle banche, o “il sacrificio”, come lo ha definito il ministro dell’Economia Giorgetti, è invece la sospensione per due anni della deduzione delle imposte differite.

Gli otto obiettivi del Piano Abi sono collegati tra di loro, e non procedono su strade che non s’incontrano. Perché se la digitalizzazione richiede la revisione dei processi e dei prodotti tradizionali alla luce delle nuove tecnologie, come l’Intelligenza Artificiale e la blockchain, e si prospetta la realizzazione di «una nuova infrastruttura tecnologica», non si può non tenere conto della corrispondente evoluzione delle esigenze di sicurezza. A nuove tecnologie, cioè, devono corrispondere nuovi strumenti per garantire la sicurezza di dati, utenti e procedure.

Non solo: non si può procedere verso la digitalizzazione senza tenere conto dell’invecchiamento della popolazione, della maggiore aspettativa di vita, ma anche della scarsa alfabetizzazione finanziaria, aspetti che si traducono nello sviluppo di nuove e più ampie sacche di “esclusione finanziaria”.

Mentre investono nella transizione digitale, le banche devono quindi anche affrontare investimenti più elevati per garantire la cybersecurity perché, ricorda Rottigni, «gli incidenti di cybersecurity minano la fiducia dei clienti, e richiedono quindi misure più sofisticate per salvaguardare la sicurezza degli utenti e la reputazione delle banche». Ma anche mettere in cantiere «nuovi prodotti mirati alle fasce di età avanzate», in parallelo alle «soluzioni digitali per soddisfare le nuove generazioni». Inclusione finanziaria non significa solo prodotti più semplici da usare e da capire, ma anche un tipo di offerta che venga incontro alle esigenze di chi ha minori chance economiche, a cominciare dal microcredito. Un’offerta che si misura sulle esigenze studiate sul campo: la task force dell’Abi in questi giorni sta incontrando diverse comunità “disagiate”, dal carcere di Bergamo alla comunità di San Patrignano, nell’ambito di un articolato piano di iniziative ad impatto sociale e culturale.

Le esigenze di internalizzazione sono in parte dettate dall’agenda geopolitica: i rischi rappresentati dai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente hanno un impatto anche sul sistema produttivo e bancario. C’è l’esigenza di «diversificare le operazioni in più regioni, per ridurre l’esposizione e creare piani di emergenza per la gestione di eventi imprevisti»: l’Abi guarda con particolare interesse alla regione Euro-Mediterranea, che «potrebbe offrire opportunità di espansione e di sviluppo, con importanti investimenti in settori ad alto potenziale».