Va ricordato, peraltro, che dopo la leggera crescita in maggio (+0,1%) e il calo di giugno (-0,3%) in luglio è tornato ad aumentare dello 0,7 per cento anche il numero degli inattivi: si tratta di 99mila persone in più, prevalentemente donne (la componente femminile è cresciuta dell’uno per cento mentre quella maschile dello 0,3%, annota l’Istat) che non hanno o hanno smesso di cercare un lavoro. Il tasso di inattività è attualmente pari al 35,9 per cento.
L’Istat ha diffuso ieri anche dati (non destagionalizzati) relativi al secondo trimestre 2015 dai quali in ogni caso si ricava che nel secondo trimestre del 2015 i lavoratori a tempo pieno sono aumentati in misura sostenuta per il secondo trimestre consecutivo, con un incremento di 139mila unità. Si tratta di un rialzo che almeno fino a giugno è stato trainato dagli over 50, su cui si fanno ancora sentire gli effetti della riforma Fornero, con l’allungamento dell’età pensionabile. Non si attenua, invece, il divario tra Nord e Sud, tanto che il tasso di disoccupazione risulta al Sud quasi il triplo rispetto a quello registrato nelle regioni settentrionali (20,2% contro 7,9%).
Soddisfatto il commento del ministro del Lavoro, che ha messo in evidenza soprattutto il confronto nei dodici mesi: «L’importanza di questi dati va considerata, in particolare, nella dimensione di lungo periodo – ha detto Poletti -. Su base annua, infatti, gli occupati aumentano di 235.000 unità, i disoccupati sono 217.000 in meno e le persone inattive calano di 87.000 unità. Conforta, inoltre, la diminuzione del numero dei giovani disoccupati, che pure rimane molto elevato e che richiede di fare tutti gli sforzi per migliorare la situazione».
Molto più cauti i commenti sindacali: i dati Istat sono «incoraggianti ma è presto per cantare vittoria» scrive il segretario generale della Cisl Annamaria Furlan in un tweet mentre la Uil fa notare come ancora ci siano «oltre 3 milioni di disoccupati» e la leader della Cgil, Susanna Camusso, lamenta l’eccesso di «propaganda».