L’elenco di criticità sulle politiche economiche e di bilancio offerto dalla Corte dei Conti è ampio e comincia dal “fallimento” del processo di autonomia di spesa e tassazione da parte dei livelli locali di governo previsto fin dalla fine degli Anni Novanta dal processo del federalismo. La pressione fiscale «periferica »è raddoppiata in vent’anni, spiega la Corte, passando dall’11,4 del 1995 al 21,9 del 2014. Tutto ciò per effetto di «scelte del governo centrale» senza che l’autonomia di spesa degli enti locali sia aumentata.
Siamo in ritardo con il taglio delle agevolazioni fiscali (la maggioranza dei 202 provvedimenti varati in materia tra il 2008 e il 2014) le hanno estese. Flop della lotta ll’evasione: nello stesso periodo si attendevano 145 miliardi invece ne sono arrivati solo 64 (il44%).
Messa alle spalle la recessione, evitate manovre restrittive nel corso del 2014 e sostanzialmente consolidato il rispetto del limite del 3 per cento, è ora di «riportare la discussione sui veri nodi strutturali della finanza pubblica italiana» e per farlo ci vuole un nuovo «patto sociale » volto a riscrivere il Welfare State e «riorganizzare i servizi ». Mentre il paese si trova ancora una volta in un clima di impasse, la Corte dei Conti si assume la responsabilità di lanciare un messaggio politico al governo e al Parlamento. Nel corposo e dettagliato «Rapporto sulla finanza pubblica 2015», illustrato ieri dal presidente Raffaele Squittieri in Senato, la magistratura contabile sollecita, finita l’emergenza, l’esigenza di riportare in prima linea l’iniziativa su conti pubblici, tasse e riforme strutturali.
Le manovre della crisi, dal 2009 al 2014, dice la Corte, sono state conseguite soprattutto sul lato delle entrate: l’aumento del gettito è stato di 55 miliardi, mentre la spesa attribuibile sostanzialmente a Welfare e prestazioni sociali è continuata ad aumentare totalizzando una crescita di 16 miliardi. L’effetto di riduzione c’è stato invece sul resto della spesa primaria corrente (dagli investimenti, ai beni e servizi e agli stipendi) che è precipitata di 21 miliardi.