A mancare non sono neanche gli uomini: risale al lontano 2009 la convenzione tra ministerio dei Beni culturali e della Difesa per usare l’esercito nella lotta all’abusivismo. Ebbene, a distanza di sei anni dall’intesa – fanno sapere dai Beni culturali – «non si è ancora data concreta attuazione, sebbene sia formalmente in essere». Come dire: neanche un mattone è stato portato via dai nostri militari. Ma sempre il Mibact si difende: «A bloccare non è l’inerzia del ministero, bensì i tempi dei procedimenti giudiziari». Spiega Francesco Scoppola, a capo della direzione Belle arti e paesaggio: «Le demolizioni sono molto rare, non tanto perché mancano i fondi o i mezzi, quanto perché non è facile giungere fino all’esito giudiziario definitivo». E aggiunge: «La materia, infatti, è giuridicamente molto complessa, con tante strade processuali a disposizione di chi ha commesso gli abusi e vuole resistere all’applicazione delle norme di tutela».
I ricorsi
In effetti a portata di mano dell’abusivo ci sono più percorsi, fuori e dentro i tribunali. Oltre ai Tar (si veda l’articolo a fianco) e alla magistratura ordinaria, c’è anche l’insolita strada del ricorso straordinario al Capo dello Stato che, visti i numeri, di straordinario non ha più nulla. Basta infatti un’istanza in carta semplice al presidente della Repubblica per mettere in moto una complessa macchina amministrativa e giudiziaria e tenere in scacco le ruspe per anni. Lo hanno capito in molti: a oggi sono più di 13mila i ricorsi straordinari censiti nel Conto annuale delle infrastrutture, relativi al condono edilizio. Tremila solo negli ultimi tre anni. Una valanga che ha travolto gli uffici del ministero delle Infrastrutture: basti pensare che per vagliare la legittimità di ogni domanda occorre svolgere un’istruttoria in contraddittorio con il Comune, preparare una relazione firmata da un sottosegretario e inviarla al Consiglio di Stato.
Quest’ultimo, a sua volta, emette un parere che il presidente della Repubblica recepisce formalmente con un decreto. «Per definire una pratica servono anni», spiegano dalle Infrastrutture. Tempo prezioso per ogni abusivo, che nel frattempo vede sospesa la demolizione.
Del resto, per bloccare gli abbattimenti basta la semplice domanda di condono, che rende anche il peggiore degli abusi potenzialmente sanabili fino al “no” (di fatto non basta il silenzio assenso). «In attesa di esame formale c’è ancora il 60% dei 2 milioni di istanze di condono presentate – spiega Laura Biffi, responsabile dell’Osservatorio legalità per Legambiente. Che propone: «Bisogna dare ai Comuni un tempo limite». Scadenze certe e sanzioni che possono arrivare fino allo scioglimento del Comune che non rispetta il piano di demolizioni annuali sono il perno del disegno di legge sulla demolizione presentato nel 2013 dal presidente della Commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci. Ma il Ddl non è mai stato esaminato.