MILANO — L’effetto estate colpisce anche le valute. Così come nei week end dell’esodo il pieno di benzina immancabilmente rincara e le stanze d’albergo costano il doppio che a ottobre, cambiare dollari o sterline in euro nel periodo più turistico dell’anno non è davvero il momento migliore.
La prova è in bella mostra sui cartelloni elettronici dei cambio-valute che si trovano nelle stazioni, negli aeroporti e nelle strade centrali delle città d’arte. Le tabelle di cambio, per ogni valuta estera, non indicano un solo valore, ma due. A fianco alla bandiera nazionale e al nome del Paese, il cartellone riporta il prezzo di acquisto e di vendita di quella valuta. Qualsiasi bene venduto su un mercato finanziario (azioni, obbligazioni, merci) ha un prezzo differente a seconda che sia acquistato o venduto e il prezzo a cui un operatore finanziario (nel nostro caso l’ufficio cambi) vende sarà sempre superiore a quello a cui acquista.
Ma a quanto può arrivare la differenza? Guardando i cartelloni del money exchange anche molto in alto. A titolo di esempio, in un cambio-valuta italiano questi erano i cambi offerti ieri: il dollaro Usa era acquistato a 1,43 e venduto a 1,26. Ciò significa che un turista americano per prendere 100 euro deve corrispondere 143 dollari, ma quando torna allo stesso ufficio prima di partire e vuole cambiare gli euro rimasti, otterrà soltanto 126 dollari per 100 euro. La differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita (il cosiddetto spread) è di 0,17 centesimi, che corrispondono al 14 per cento. Stesso discorso per la sterlina, acquistata a 0,94 e venduta allo 0,79 (con uno spread di 0,15 sterline pari al 20%), oppure per il franco svizzero, che varia da 1,34 a 1,10 contro l’euro (con una differenza di oltre 21%). Questo spread – oltre a eventuali commissioni – costituisce il guadagno che l’operatore ha per il servizio che offre.
Certo, i tassi di cambio applicati dai money exchange sono diversi da quelli ufficiali. I valori delle valute che leggiamo sui giornali o su Internet non sono quelli applicati quando cambiamo il nostro denaro. Ieri, per esempio, il cambio euro-dollaro secondo le rilevazioni della Bce si attestava intorno a 1,33, mentre quello con la sterlina era intorno a 0,86 e il franco svizzero a 1,23. Ma la «forchetta» tra prezzo di acquisto e di vendita appare molto ampia. Vien da sospettare che valga la più classica delle leggi di mercato: con tanti clienti/turisti che vogliono acquistare l’euro, il prezzo sale. Addetti ai lavori fanno notare che denaro contante ha un costo dovuto alla sua materialità: deve essere spostato e custodito e spostare, il che implica dover provvedere alla logistica e alla sicurezza. Come evitare di incappare in oscillazioni che superano il 20 per cento? Andare in banca potrebbe essere una buona soluzione. Lo spread, allo sportello, è più basso, ma comunque importante: a titolo di esempio, uno dei maggiori istituti bancari italiani ha una forchetta intorno al 7 per cento. La sterlina è acquistata a 0,89 e venduta a 0,83. Il dollaro Usa è acquistato a 1,38 e venduto a 1,29.
Inoltre, alcune banche (anche se non tutte) oggi non offrono più il servizio cambio al turista, ma soltanto ai loro clienti, perché dovrebbero identificare la persona a prenderne i dati personali e l’operazione richiederebbe troppo tempo e utilizzo di risorse. Quelle che lo offrono di solito hanno poca disponibilità e chiedono di prenotare i soldi.
Differenze di cinque, dieci 0 15 centesimi sono ancora più significative se si confrontano con gli spread che viaggiano al Forex, il mercato mondiale delle valute: qui si parla di decimillesimi. «Quando le valute sono molto liquide, come il caso dell’euro-dollaro – spiega Chris Walker, Currencies Strategist di Barclays – lo spread tende a essere piccolissimo, di circa uno o due “pips” (0,0001), a seconda dei volumi e delle condizioni».
La soluzione (ove possibile) è utilizzare la carta di credito. Alle transazioni saranno effettuati i tassi di cambio valutari ufficiali di quel giorno.
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Il Corriere della Sera
09/08/13
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