09.01.2019

Per la banca garanzia statale fino a 3 miliardi

  • Il Corriere della Sera

Lo Stato scende in campo per salvare Carige: il Tesoro garantisce fino a tre miliardi di nuove obbligazioni che la banca ligure emetterà nelle prossime settimane e si impegna a sottoscrivere fino a 1 miliardo di nuove azioni in caso l’istituto dovesse ricorrere all’aiuto di Stato con la «ricapitalizzazione precauzionale», secondo lo schema già usato per Mps e tentato — ma non riuscito — per le banche venete. La dotazione finanziaria c’è già: 1,3 miliardi di euro per il 2019 già stanziati e messi a disposizione dal Tesoro.

Lo stesso decreto ricalca anche dal punto di vista testuale il decreto Gentiloni emesso per gestire le precedenti crisi bancarie. Ma c’è di più: la bozza di lunedì 7 gennaio, circolata ieri, portava in intestazione la data «* novembre 2018», segno che il governo aveva già predisposto uno strumento d’urgenza. A novembre l’istituto non era riuscito a vendere sul mercato un bond subordinato e per questo si è reso necessario l’intervento del sistema bancario con 320 milioni versati in Carige dallo Schema Volontario del Fondo Interbancario. Proprio in quei giorni il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti, aveva aperto agli interventi pubblici: «Lo Stato deve ricapitalizzare le banche che ne hanno bisogno, salvo uscire quando si sono risanate», aveva dichiarato nell’ultimo libro di Bruno Vespa a proposito dei rischi dell’alto spread per le banche.

Rispetto alla bozza, il testo pubblicato ieri sera in Gazzetta Ufficiale riduce lo stanziamento da 2 a 1,3 miliardi per il 2019. La garanzia varrà anche sui finanziamenti erogati in emergenza dalla Banca d’Italia «per fronteggiare gravi crisi di liquidità». Tutta la procedura necessita dell’ok della Commissione Europea, per evitare accuse di aiuti di Stato. Per questo servirà un piano di ristrutturazione. Piano al quale la banca lavora comunque già da settimane, come da impegni con la Vigilanza.

Carige non ha problemi immediati di capitale ma le richieste della Bce per il 2019 (il cosiddetto esame «Srep» che arriverà nei prossimi giorni) potrebbero determinare un ammanco di patrimonio.

Gli amministratori temporanei nominati dalla Bce, Pietro Modiano, Fabio Innocenzi (gli ex vertici) e Raffaele Lener stanno accelerando su punto cruciale: la cessione di almeno 1,5 miliardi di crediti deteriorati (npl), su un totale di 2,8 miliardi lordi, così da far scendere Carige a una quota di deteriorati sotto il 10%. I troppi npl, dicono in banca, rendono attualmente la banca «appestata». È anche per questo che l’aggregazione è ancora lontana, anche se il dossier è in mano a circa una decina di banche, tra le quali Unicredit, Ubi, Bper, Crédit Agricole.

Carige aveva già avviato contatti preliminari con la Sga, la bad bank del Tesoro. Ma secondo fonti sul dossier, si procederà a una gara, a un beauty contest, per venderli al migliore offerente ed evitare critiche di «svendita» di crediti garantiti da immobili: è il timore del primo socio Malacalza Investimenti, che astenendosi in assemblea il 22 dicembre ha fatto saltare l’aumento di capitale da 400 milioni. Ma la Bce punta però a un alleggerimento rapido.

Intanto ieri i vertici di Carige hanno incontrato i sindacati: «Abbiamo chiesto garanzie che non siano toccati i lavoratori», ha dichiarato Lando Sileoni, leader Fabi, che ha giudicato «positivo» l’intervento del governo. «Ci hanno detto che la banca dovrà cambiare modello organizzativo. Quindi per i prossimi mesi non prevediamo tagli».

Fabrizio Massaro