07.09.2020

Kurz “No all’Europa dei debiti Il Recovery ci sarà una volta sola l’Italia lo investa sul futuro”

  • La Repubblica
«Non consentiremo mai» che l’accordo sul Recovery Fund diventi «l’avvio di un’unione dei debiti». È una misura emergenziale, e tale deve restare. Quanto ai soldi che arriveranno all’Italia, Sebastian Kurz ricorda che «ci sono delle chiare indicazioni su come spenderli» e che saranno monitorati attentamente. In quest’intervista esclusiva con Repubblica , il cancelliere austriaco dice la sua anche sul rifiuto dell’Italia di accedere al Mes e racconta i “frugali” come contrappeso all’asse franco-tedesco. Kurz mantiene la linea dura sull’immigrazione – niente redistribuzione e niente riforma di Dublino, se serve a dirottarli verso l’Austria o la Germania. La politica dell’accoglienza, per il capo dei popolari austriaci, ha fallito. Quanto alla Turchia, bisogna mostrarle «delle linee rosse» nel contenzioso con la Grecia. Nel caso, imporre sanzioni. Basta con la politica «dei due pesi e due misure».
Cancelliere Kurz, l’ultimo Consiglio Ue ha approvato un Recovery Fund dal quale potrebbero arrivare 209 miliardi all’Italia. Cosa si aspetta da Roma?
«Stiamo parlando di cifre enormi. Sarà decisivo usarle per investimenti nel futuro innovazione, digitalizzazione, ambiente – che creino valore. Ci sono anche delle chiare indicazioni su come spenderli. Che saranno sorvegliate dalla Commissione. Ciò che trovo positivo nella discussione italiana è che si parli di una sburocratizzazione. Dobbiamo lavorare tutti a diventare più competitivi. Il Recovery Fund ci sarà una volta sola, tutti i Paesi lo sanno».
In realtà ci sono due interpretazioni diverse del Recovery, del Bilancio Ue e della possibilità che la Commissione Ue possa indebitarsi per centinaia di miliardi. I primi pensano sia un passo importante verso una maggiore integrazione europea.
Gli altri che sia un una tantum, una misura emergenziale. Lei appartiene a quest’ultima scuola di pensiero, desumo?
«Esatto. E sono felice che la stessa Angela Merkel lo abbia chiarito. Per l’Ue è una misura d’emergenza, irripetibile, contro la pandemia. E non l’avvio di un’unione dei debiti a lungo termine. Non lo consentiremo mai. Sarebbe fatale perché causerebbe una riduzione della responsabilità e inibirebbe la spinta per le riforme strutturali».
L’Italia è da decenni in avanzo primario e da sempre contribuente netto dell’Ue. Non siamo anche noi “frugali”?
«A luglio l’Italia non si è seduta al tavolo con noi ma con i Paesi riceventi, con gli amici della coesione ».
C’è stata una pandemia. E ha colpito l’Italia in maniera particolarmente dura e senza che ne avesse colpa.
«In ogni caso siamo felici per ogni nuovo membro che si aggiunge.
Ora siamo 5 “frugali” che accettano tutti di pagare di più di quanto non ricevano, come contribuenti netti.
Ma che vogliono che tutto abbia un limite e che si proceda in modo cauto con i soldi dei cittadini, e che questo piano resti davvero un’eccezione».
Come interpretare la nascita dei “frugali”? Un modo per arginare l’asse franco-tedesco?
«È legittimo che grandi Paesi come la Germania e la Francia uniscano le forze per dettare la linea. Ma la Ue è fatta di 27 Paesi e ogni voto conta. E ha senso accordarsi anche in altre combinazioni per elaborare una posizione e difenderla. Penso anzi che in una costellazione del genere – 27 Paesi – i posizionamenti interni possano funzionare solo così, se determinati gruppi negoziano tra di loro e formulano le loro posizioni. Lo fa anche l’Italia, alleandosi con i Paesi riceventi».
Non è stata una decisione, c’è stato il coronavirus.
«Sì ma si è impegnata per ottenere il massimo degli aiuti. E i Visegrad hanno fatto in modo che fluissero anche verso i Paesi dell’Est e non solo verso il Sud. Vogliamo sostenere l’Italia, ma anche noi abbiamo sofferto un crollo del 7% del Pil. Anche per noi i conti pubblici saranno una sfida».
Per lei è problematico che l’Italia non abbia chiesto soldi al Mes?
«Era prevedibile. La tesi di alcuni Paesi che avrebbero rischiato la crisi di liquidità e che sarebbe stato difficile per loro accedere ai mercati, si è rivelata non del tutto vera. Le condizioni alle quali l’Italia può prendere soldi in prestito sul mercato, nella fase acuta della crisi finanziaria per l’Austria sarebbero state un sogno. Io sono a favore del Mes, per me è un buono strumento.
Che l’Italia preferisca i trasferimenti ai crediti è chiaro. Ma è altrettanto chiaro che i “frugali” preferiscano dare crediti, nell’interesse dei contribuenti».
Nel Mediterraneo orientale c’è una crisi quasi senza precedenti tra Grecia e Turchia. Lei sosterrebbe eventuali sanzioni contro Ankara?
«La Grecia si merita la nostra solidarietà e la Turchia un agire più deciso da parte nostra. Vogliamo che vengano tracciate con chiarezza delle linee rosse. E se vengono superate, vogliamo che si agisca di conseguenza, fino alle sanzioni. La Grecia è membro dell’Ue e per me il comportamento della Turchia è inaccettabile».
Pensa che la questione possa spaccare l’Europa? La Germania è più cauta su Ankara.
«Pensiamo che sia un bene se l’Ue media. Ma è pericoloso dare l’impressione di usare due pesi e due misure. Giusto comminare sanzioni alla Bielorussia, ma che facciamo con la Turchia? Ci sono giornalisti e oppositori in carcere, lì. E adesso c’è anche una lesione del diritto internazionale verso la Grecia. E noi che facciamo? Non possiamo sempre e solo accettare tutto. Per me è insostenibile accettare sempre il comportamento di Erdogan».
Cinque anni fa il famoso “ce la facciamo” di Angela Merkel. Sul piano europeo il bilancio è magro, se si considera anche la grave emergenza che l’Italia sta nuovamente affrontando, e da sola, a Lampedusa. In cinque anni niente ricollocamenti automatici, niente riforma di Dublino…
«Sono felice che ormai quasi tutti si siano resi conto che la politica delle frontiere aperte è sbagliata. Molto è cambiato in meglio dal 2015. Allora venivo bollato da molti come di destra o destra estrema. Oggi la maggior parte dei capi di Stato e di governo dell’Ue la pensa così. L’Ue non crede più che i migranti debbano transitare liberamente e cerca di difendere le frontiere esterne. E uno dei problemi, attualmente, è la Turchia».
Perché?
«Perché spinge i migranti ad andare verso la Grecia sfondando la frontiera. Noi sosteniamo le autorità greche con poliziotti e penso sia decisivo chiudere i confini esterni. In Italia arrivano molti migranti economici, ad esempio dalla Tunisia: anche questo non va accettato, da parte dell’Ue. È sbagliato chiedersi come redistribuirli: dobbiamo impedire che i migranti illegali si mettano in cammino».
Ma che fare concretamente con quelli che arrivano in Italia?
«Primo, ne arrivano meno rispetto al 2015. Se l’Ue difende i suoi confini esterni, ne partiranno meno, ne affogheranno meno e distruggeremo gli affari degli scafisti di più che se continuiamo a dire che vogliamo la politica dell’accoglienza. Solo così l’immigrazione illegale può essere ridotta in modo massiccio. E poi i ricollocamenti non funzionano perché molti Paesi, sic et simpliciter, si rifiutano di accoglierli. Dobbiamo essere più decisi nello sforzo di non far partire i migranti illegali».
Lei non vuole la riforma di Dublino?
«Se serve a ricollocare i migranti verso la Germania, la Svezia o l’Austria, saranno sempre di più a mettersi in cammino. È ciò che vogliamo impedire. Insieme alla Svezia e alla Germania, l’Austria ha accolto più migranti di quasi tutti gli altri partner Ue, oltre 200mila.
Casomai bisognerebbe redistribuirli dall’Austria e dalla Germania».
Se la pandemia si riacutizzasse, lei chiuderebbe le frontiere?
«Il nostro obiettivo è che la gestione della crisi dei confini funzioni meglio che all’inizio della pandemia. Ci siamo impegnati perché l’Europa assuma un ruolo di maggiore coordinamento. Credo sia importante fare in modo che, nonostante la pandemia, la vita delle persone e l’economia procedano il più normalmente possibile. Perciò deve essere garantito che si possa viaggiare nel modo più sicuro possibile. Senza sembrare incauti ma noi ci siamo sempre battuti perché il trasporto delle merci e i percorsi dei pendolari fossero garantiti in modo pressoché totale. E penso sia importante che ciò sia garantito anche durante un’eventuale seconda ondata».