Continua però il bombardamento dei media contro Juncker. Il quotidiano Wall Street Journal ha accusato l’ex premier del Lussemburgo di essere stato «l’uomo di punta nella vendita del sistema fiscale del suo Paese nel mondo», citando alcune delle tante dichiarazioni in circolazione a Bruxelles in cui in passato aveva rivendicato di aver attirato multinazionali con i favoritismi fiscali. Il quotidiano Washington Post ha segnalato che «una lunga serie di critici ritiene Juncker l’uomo sbagliato» per guidare la Commissione.
Nel tam tam di indiscrezioni in Europa si è accesa l’attenzione anche sulla poco nota Fondazione Schuman del Ppe, che opera tra Bruxelles e Strasburgo, ma è stata sorprendentemente domiciliata in Lussemburgo. Attiva anche nei finanziamenti e nelle donazioni per l’attività politica, questa entità degli europopolari è stata a lungo guidata dal lussemburghese Jacques Santer, che nel 1999 dovette dimettersi da presidente della Commissione europea con tutti i commissari per uno scandalo di frodi, cattiva amministrazione e nepotismo. Vari leader e portavoce del Ppe, contattati dal Corriere , si sono detti non al corrente del perché questa entità sia stata registrata in un paradiso fiscale con rigido segreto bancario. L’eurodeputato Giovanni La Via di Ncd è entrato nel consiglio della Fondazione Schuman «solo da un anno» e conferma che le attività politiche e culturali vengono sviluppate grazie anche ai «finanziamenti previsti dall’Europarlamento».
Juncker continua a negare qualsiasi responsabilità e, in linea con la Germania, promette «prima possibile» una proposta di direttiva sullo scambio automatico di informazioni tra i Paesi sui favoritismi fiscali concessi alle imprese straniere dai vari Lussemburgo, Irlanda, Olanda o Regno Unito. La Commissione europea ha annunciato di voler anticipare addirittura l’azione del G20 contro la grande evasione delle tasse su scala internazionale e di voler mettere davanti alle loro responsabilità i governi da sempre impegnati a frenare l’armonizzazione fiscale nell’Ue. Il commissario per gli Affari economici e la Fiscalità, il francese Pierre Moscovici, ha considerato possibile procedere su questa materia, che da sempre a Bruxelles viene annacquata e rinviata in continuazione, perché ora «c’è la pressione dell’opinione pubblica che non sopporta più l’evasione e la frode fiscale».