13.05.2014

Iva ko anche con credito

  • Italia Oggi

La crisi di liquidità della società che non versa l’Iva può far cadere il reato a carico del suo vertice solo nel caso in cui l’imprenditore abbia provato che, neppure con il credito bancario, l’Imposta sarebbe stata versata e soprattutto che il dissesto dell’azienda non è dipeso da lui.

Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 19426 del 12 maggio 2014, ha confermato la condanna a otto mesi a carico di un imprenditore di Brescia accusato di non aver versato 53 mila euro di Iva.

Affinché il reato venga scriminato, quindi, è necessario perché in concreto ciò si verifichi, che siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene alla lamentata crisi di liquidità, dovranno investire non solo l’aspetto della non imputabilità a chi abbia omesso il versamento della crisi economica che ha investito l’azienda o la sua persona, ma anche la prova che tale crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell’imprenditore, ad idonee misure da valutarsi in concreto (non ultimo, il ricorso al credito bancario).

In altri termini, il contribuente che voglia giovarsi in concreto di tale esimente, evidentemente riconducibile alla forza maggiore, dovrà dare prova che non gli sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili.

«Ciò risponde al principio generale per cui la scriminante della crisi di liquidità», spiega ancora la terza sezione penale, «non può essere invocata, per escludere la colpevolezza soggetto attivo, al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta (protrattasi, in sede di prima applicazione della norma, nella seconda metà del 2006) di non far debitamente fronte alla esigenza predetta (per l’esclusione del rilievo scriminante di impreviste difficoltà economiche in sé considerate». Anche la Procura generale del Palazzaccio ha concluso la sua requisitoria chiedendo la conferma della condanna.