Un problema logico da risolvere per garantire il successo del nuovo strumento. Una delle strade suggerite dal governo italiano è quella di «socializzare» almeno l’effetto leva prodotto dal Fondo. Se un contributo nazionale di un miliardo attiva cinque o sei miliardi di investimenti, grazie al meccanismo delle garanzie, almeno una parte di questa somma generata dall’effetto leva (che sia superiore all’apporto di capitale) potrebbe essere garantita al Paese contributore.
Dalla Commissione per ora sono arrivate delle timide aperture, ma per capire se i meccanismi potranno essere aggiustati bisognerà attendere il termine del «road show» del Fondo che servirà a Katainen soprattutto per saggiare il polso delle altre capitali europee. L’attesa per il nuovo strumento è molto alta: il neopresidente della Commissione, Jean Claude Juncker, ci ha costruito il consenso che ha portato alla sua nomina. Ed una forte azione di rilancio dell’economia reale in Europea è quanto mai necessaria dopo una crisi durata lunghi anni, e che non stenta a finire. Giusto ieri i dati del ministero dell’Economia sulle dichiarazioni fiscali delle imprese confermavano un quadro molto preoccupante. Ben il 43% delle imprese non ha pagato imposte nel 2012 o è andata in credito fiscale, perché in perdita. La quota di aziende in utile è scesa del 4%, quella delle imprese in perdita è salita dell’8%.
La ripresa dell’economia, anche attraverso il rilancio degli investimenti, è considerata dal governo indispensabile, anche per mantenere l’equilibrio dei conti pubblici. Il nuovo esame della Ue è a marzo e Katainen non ha voluto sbilanciarsi. Ha speso però parole molto positive per l’azione del governo Renzi, che è stato decisivo nel rilancio dell’iniziativa europea, e per le sue riforme, in particolare il Jobs act e la Giustizia. «Sono stati incontri molto incoraggianti» ha detto il commissario, che ha incontrato anche il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, e che quasi nessuno ormai vede più come il «falco» di due mesi fa.