Economista, banchiere, consulente di governi per operazione delicate. Ma anche sempre molto attento alle dinamiche della politica, soprattutto nella fase “progettuale”.
Pellegrino Capaldo, professore emerito dell’Università La Sapienza, già presidente della Banca di Roma e di organismi no-profit, annuncia la nascita di una nuova Scuola di Politica che scaturisce dalla Fondazione Nuovo Millennio da lui presieduta, sganciata dai partiti ma collegata con imprese pubbliche e private e con le università. Ne parla con il Sole 24 Ore.
Dopo anni di insegnamento e di impegno nel campo bancario e delle politiche pubbliche, ora avvia l’iniziativa di una scuola di Politica per giovani laureati. Lo richiedono i tempi che viviamo?
La nostra scuola intende proporsi come una scuola di formazione diversa dalle altre esperienze, passate e presenti. La altre esperienze sono state o sono espressione di partiti o movimenti politici, e quindi orientate su filoni diciamo ideologici ben tracciati. Ebbene, noi vogliamo essere rigidamente apartitici, questo deve essere ben chiaro. Le ideologie restano sulla porta. E questa sarebbe la prima volta in Italia, ci abbiamo pensato a lungo e ora siamo pronti.
Ieri il primo seminario con il presidente Giuliano Amato dal titolo “Il processo di cambiamento ed evoluzione dell’Unione Europea”
Giuliano Amato è una figura centrale nell’esperienza politica e istituzionale italiana e una risorsa preziosa anche per i giovani che vogliono accostarsi alla politica con un metodo scientifico. Nell’iniziativa ci saranno persone che hanno qualcosa da dire di concreto, personalità impegnate nel quotidiano ad affrontare e risolvere criticità legate a varie aree del nostro paese. Non solo nel pubblico e non solo nella stretta politica dei partiti. Per i partecipanti ciò rappresenta una straordinaria occasione di contatti, interazione e relazione con i docenti scelti.
Torniamo alla domanda iniziale: perché l’iniziativa, oggi, in questa fase complessa e confusa della politica nazionale?
Oggi, più che in passato, notiamo un’assenza di preparazione politica dentro le sedi istituzionali e nella fase di formazione dei processi. Insomma, vedo un’azione non finalizzata al governo delle cose, ed è invece quelle che realmente serve per guidare il Paese e affrontare le crisi dei nostri giorni. Sono necessarie competenze trasversali e riconosciute per gestire i processi ed i progetti importanti per la comunità. Ciò rappresenta il nostro impegno volontario per i giovani e le future generazioni.
I membri del supervisory board e i docenti sono di alto profilo e livello. Molti rappresentanti di partecipate dello Stato (Fs, Cdp, Poste Italiane, Sace, Simest) Qual è l’obiettivo e la missione della Scuola?
Ci sono molti docenti, anche del mondo dello Stato. La missione – come si diceva un po’ di tempo fa – è quella pre-politica. Accrescere la preparazione delle future giovani generazioni non solo nella sfera delle competenze politiche, ma anche in quelle manageriali, professionali, civiche e sociali. Questo puntando su competenza e meritocrazia, mettendo in contatto questi giovani con le migliori figure del nostro Paese.
La partecipazione di aziende partecipate dallo Stato pone una domanda, e cioè il ruolo “pubblico” nell’economia, specie ora che il mondo e l’Italia è attraversata da una crisi gravissima.
Che sia necessario, o quantomeno auspicabile, un ruolo maggiore è ormai evidente. Spesso il privato non può arrivare dove è necessario, ma le soluzioni non devo essere pasticciate, dove si accumulano competenze senza un disegno organico. Mi lasci dire: rimpiango un po’ la vecchia Iri, quella degli anni ’60-’70, che faceva politica industriale per il Paese. Oggi questo non lo fa nessuno, mentre è un’esigenza molto forte. È sotto gli occhi di tutti.
La Scuola è sostenuta dalle aziende e dalle donazioni. Quanto è importante per le aziende investire nella formazione dei giovani e di una nuova classe dirigente competente?
I privati saranno presenti nella scuola, perché la formazione alla politica e alla buona amministrazione di una futura classe dirigente è una esigenza profonda dell’intero Paese, di tutti, quindi anche gli imprenditori sono certo che si riconoscano in questo programma. Il nostro è un progetto a lungo termine per il bene del Paese. Certamente il supporto delle aziende è necessario affinché la scuola sia gratuita e di alto livello.
Nel programma didattico si affrontano molti temi fra cui l’educazione finanziaria ed economica. Tra i docenti della Scuola figura un suo ex allievo, l’Ad di Intesa S.Paolo Carlo Messina. Lei da ex-banchiere cosa ne pensa della fusione fra Intesa Sanpaolo e Ubi banca? È d’accordo?
Non voglio entrare nello specifico dell’operazione. Dico solo che l’aggregazione tra Intesa Sanpaolo e Ubi credo sia un’operazione importante da portare a termine. Intesa è una grande ed importante banca e può essere un ottimo polo aggregante in chiave sia nazionale che europea. E l’a.d. Messina, molto preparato, sono certo saprà concludere la fusione evitando di essere schiacciato dalla grande dimensione, senza offuscare le caratteristiche dei due istituti e conservando la peculiarità di attenzione alla clientela. Ricordiamo che Intesa nasce dall’aggregazione della Cariplo, che aveva un fortissimo legame con il territorio e i piccoli risparmiatori
M a il cda di Ubi si è espresso contro l’offerta…
Io credo che Ubi debba trovare alla fine un accordo favorevole. Il prezzo offerta da Intesa lo trovo onesto e anche le assicurazioni sui dividendi sono congrue.
Da presidente della Banca di Roma ha guidato la prima grande aggregazione bancaria italiana, che ha messo insieme in pochi anni Banco di Santo Spirito, Cassa di risparmio di Roma e il Banco di Roma, una delle tre “bin”…
In quell’operazione siamo riusciti nell’obiettivo – che citavo prima – di razionalizzare cioè tre banche presenti nella città di Roma, assieme alla collaborazione dei dipendenti, creando un grande gruppo e mantenendo un forte collegamento con la clientela al dettaglio. Auspico dunque questa soluzione per il bene del Paese, delle famiglie e delle imprese.