Intesa Sanpaolo cavalca l’anno d’oro delle obbligazioni corporate a stelle e strisce rafforzando la sua presenza sul mercato americano dove ha partecipato a emissioni per oltre 30 miliardi di dollari. Nel 2025 la Divisione Imi Corporate&Investment Banking ha in primo luogo contribuito a collocamenti di gruppi internazionali, i cosiddetti “Yankee bond”, per 23 miliardi di dollari. Sul mercato Usa, che nei primi dieci mesi dell’anno ha visto emissioni societarie per 1.934 miliardi, con un aumento dell’8,8% rispetto al 2024 secondo Refinitiv, Imi Cib ha accompagnato innanzi tutto i big dell’industria e della finanza italiana (Enel, Eni, Stellantis, Cdp) oltre a clienti del Middle East, a cominciare dallo Stato del Qatar e dall’Abu Dhabi Developmental Holding Company.
I flussi nella direzione opposta dell’Atlantico sono stati altrettanto interessanti. Le condizioni di mercato legate ai differenziali di rendimento nelle aree del dollaro e dell’euro hanno reso appetibile per le aziende Usa fare provvista sul mercato del debito in euro e nei primi nove mesi del 2025, secondo i dati Lseg, il controvalore dei “Reverse Yankee bond” ha superato i 100 miliardi di dollari, a fronte dei 78 miliardi dell’intero anno precedente, con gruppi come Alphabet, PepsiCo, Verizon e Visa impegnati a diversificare la loro esposizione. Per Imi Cib questo contesto ha aperto l’opportunità di prendere parte a collocamenti per 10 miliardi di euro per corporate statunitensi tra cui AT&T e Well Fargo, General Motors e Ford. «Sugli Yankee bond, sia nella versione standard sia in quella reverse, non vediamo un cambiamento significativo delle condizioni di mercato: continua a esserci una grandissima richiesta da parte degli investitori in cerca di carta di qualità e crediamo sia un trend destinato a continuare nel prevedibile futuro – spiega Mauro Micillo, responsabile di Imi Cib –. In generale, i mercati del debito così come quelli azionari rimangono tonici. Il mercato primario sta andando bene su tutti i fronti – investment grade, high yield, ibridi – secondo uno scenario che avevamo previsto a inizio anno. Una volta assorbita l’incognita dazi, ci aspettavamo un secondo semestre positivo e rimaniamo ottimisti sul prosieguo perché le condizioni sono assolutamente favorevoli».
Il consolidamento negli Usa passa anche per le attività di finanza strutturata: negli ultimi tre anni l’istituto è stato coinvolto in operazioni per circa 50 miliardi di dollari destinate a finanziare settori come le infrastrutture di trasporto, energetiche e digitali, le rinnovabili e le telecomunicazioni. Maxiprogetti come il data center Bighorn in Nevada, il parco eolico SunZia in New Mexico e il New Terminal One dell’aeroporto Jfk di New York. Nel project finance gli Stati Uniti mostrano volumi medi di crescita del 20% annuo da diversi anni e Imi Cib è stata coinvolta, a livello globale, in operazioni per 30 miliardi di euro nei primi otto mesi di quest’anno su volumi totali per 200 miliardi. «Sul project finance siamo presenti in maniera importante su tutte le infrastrutture, sia quelle energetiche, sia quelle strategiche e su quelle digitali come i data center e sono in arrivo nuove importanti operazioni su entrambe le sponde dell’Atlantico», aggiunge Micillo ribadendo l’attenzione per la sostenibilità come confermato nei giorni scorsi dalla scelta di Intesa Sanpaolo come partner strategico del nuovo Green Innovation District di Expo City Dubai.
Nei primi nove mesi dell’esercizio, i ricavi internazionali del Corporate&Investment Banking del gruppo sono stati pari a 1,3 miliardi, «con un incremento del 12% rispetto al 2024, traversale a tutte le linee di business – dice il chief della Divisione -. È un trend di crescita in corso da anni che ci ha consentito di diversificare il nostro portafoglio crediti e di avere un costo del credito contenuto». Nel complesso Imi Cib ha registrato a settembre un risultato della gestione operativa cresciuto del 35,5% a 2,64 miliardi: «Abbiamo fatto 9 mesi assolutamente importanti – conclude Micillo –. Due i numeri chiave: da una parte il cost/income che è al 28%, circa la metà della media dei nostri competitor; dall’altra, il risultato lordo ante imposte (+25,1% a 2,534 miliardi). Questi dati ci dicono quale grande lavoro è stato fatto di miglioramento nell’efficienza dell’allocazione del capitale».