Aperture arrivano dal viceministro dell’Economia, Enrico Morando: «Siamo immersi in una lunga fase di recessione – afferma –, è chiaro che sarebbe semplicistico limitarsi a un’applicazione automatica del meccanismo. È ragionevole intervenire per impedire la svalutazione delle pensioni, cambiando le regole del gioco. Va posto il problema, ricordando che serve una grande cautela quando si interviene sulle materie previdenziali, serve un atteggiamento volto a garantire stabilità nei conti, senza produrre terremoti». Per Morando il problema non è il meccanismo: «In Svezia esiste un meccanismo analogo ma il problema non si pone perché non si è mai verificata una caduta economica simile alla nostra – aggiunge –. È il Pil negativo che produce conseguenze negative sul sistema previdenziale. In questo quadro occorre azzerare l’impatto con un provvedimento legislativo. Non è accettabile una svalutazione, ma neanche si può pretendere una rivalutazione se il Pil è negativo». Aperture anche dal sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta: «Va riaperta la discussione tecnica sui coefficienti alla luce dei cambiamenti avvenuti nel sistema previdenziale – afferma –, nel frattempo va neutralizzato ogni effetto negativo sulle future pensioni dovuto al periodo di recessione. Non va dimenticato che il sistema contributivo si basa su un pilastro: la pensione deve corrispondere a quello che ciascuno ha versato». Un intervento per «sterilizzare l’impatto negativo del Pil sulle pensioni» è ritenuto «indispensabile» dal presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, che ha presentato una proposta di legge con Maria Luisa Gnecchi (Pd): in situazioni di Pil negativo per due annualità consecutive il Governo dovrebbe essere autorizzato a utilizzare come calcolo dell’indice di rivalutazione, al posto del quinquennio che precede l’anno di riferimento, il quinquennio antecedente le annualità di decrescita del Pil.
C’è infine un problema Casse: la serie storica del Pil va infatti applicata anche agli enti di previdenza dei professionisti (2 milioni di iscritti). Una piccola categoria si è ribellata (gli agrotecnici) e l’ha avuta vinta il 18 luglio davanti al Consiglio di Stato: ora potrà applicare un tasso di rendimento minimo dell’1,5% nonostante il diniego di ministeri del Lavoro ed Economia. Che dovranno esprimersi sulla medesima richiesta avanzata da consulenti del lavoro (Enpacl) e ingegneri (Inarcassa). Altre due categorie ci stanno pensando: psicologi (Enpap) e periti industriali (Eppi). «Se una Cassa ha i conti in ordine e la sostenibilità a 50 anni, perché non può garantire una rivalutazione alle pensioni dei propri iscritti? – chiede Valerio Bignami, presidente Eppi –. Noi ci troviamo in questa situazione e stiamo valutando un indice alternativo alla serie storica del Pil. Avanzeremo pure noi la