Nel 2023 gli avvocati italiani hanno speso in media 9.500 euro in tecnologie digitali. È quanto rivela una recente ricerca condotta dall’Osservatorio professionisti e innovazione digitale della School of management del Politecnico di Milano. Tra gli avvocati, solo fatturazione elettronica (88%) e servizi di videochiamata (74%) sono diffusi massicciamente, mentre le altre tecnologie raggiungono meno del 50% degli studi legali. La conservazione digitale a norma, per esempio, è al 43%, il sito web al 41%, le reti VPN al 32%. Le tecnologie più evolute – CRM, business intelligence, intelligenza artificiale e blockchain – restano ai margini, diffuse tra il 3% e il 7% delle realtà professionali. La ricerca analizza anche gli studi multidisciplinari (che comprendono anche avvocati), che, nel mondo professionale, registrano la spesa in tecnologia più alta per una media di 25.100 euro annui.
Eppure l’Intelligenza artificiale e le nuove tecnologie stanno rivoluzionando nel mondo il settore legale a un ritmo senza precedenti. Il «Legal Technology Report 2023» di Thomson Reuters evidenzia, a livello mondiale, un aumento medio annuo del 30% degli investimenti in innovazione tecnologica negli studi legali nell’ultimo quinquennio. Secondo l’indagine di PwC «Law Firms Survey 2023», nei bilanci degli studi la voce «sviluppo tecnologico» è diventata centrale, rappresentando in media il 15-20% degli investimenti annuali. «L’impatto sull’organizzazione degli studi è significativo: l’Intelligenza artificiale viene impiegata per automatizzare attività ripetitive come la revisione dei contratti e la due diligence, permettendo ai professionisti di concentrarsi su aspetti strategici e consulenza ad alto valore aggiunto», spiega Aurora Agostini, partner di LEXIA. «Anche il profilo dell’avvocato sta evolvendo: oltre alle tradizionali competenze legali, sono sempre più richieste capacità di gestione di progetti tecnologici e comprensione delle implicazioni etiche e normative dell’IA; inoltre gli studi hanno sempre più bisogno di figure con competenze tecnologiche. In questo contesto, già da alcuni anni in LEXIA abbiamo sviluppato una specifica practice di LegalTech, riconoscendo l’importanza cruciale dell’innovazione nel settore legale. Abbiamo un team multidisciplinare, composto da avvocati esperti in tecnologia e informatici, che offre consulenza su vari aspetti del LegalTech, dall’Intelligenza Artificiale alla blockchain, dal machine learning alla data protection. Non si tratta solo di consulenza verso la clientela: LEXIA è attivamente coinvolta nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche per il settore legale, proponendo progetti proprietari innovativi come la piattaforma di firma digitale LexiaSign e un sistema di IA che consente ai team legali di creare modelli accurati con facilità, migliorando la coerenza e riducendo lo sforzo manuale. A conferma dell’impegno nell’innovazione tecnologica, LEXIA alloca ogni anno allo sviluppo tecnologico circa il 25% dei propri investimenti».
Nell’ultimo anno, c’è stata una corsa all’adozione di soluzioni di GenAI in vari settori, compresi gli studi legali. «Molti studi hanno introdotto strumenti come Co-Pilot o soluzioni simili, ma spesso si tratta di progetti pilota limitati a pochi professionisti. Inoltre, la maggior parte dei professionisti non ha ancora integrato completamente la GenAI nel proprio modo di lavorare», spiega Giulio Coraggio, partner di DLA Piper e responsabile del dipartimento di Intellectual Property and Technology, «Al contrario, le aziende sembrano essere più avanti in questo ambito. Senza le limitazioni imposte dalla disciplina dell’ordine professionale, stanno adottando le soluzioni di GenAI con maggiore rapidità.
Arriverà il momento, e per alcune aree innovative sta già accadendo, in cui i clienti si aspetteranno una riduzione dei costi per attività che assumono essere svolte con il supporto della GenAI. Gli studi legali che non si adegueranno a questo cambiamento rischiano di rimanere indietro e potrebbero trovarsi in difficoltà nel recuperare terreno. Fino a pochi anni fa gli investimenti nel legal tech erano visti come una sorta di investimenti di marketing, mentre ora gli studi legali stanno – lentamente – capendo che potrebbero cambiare il loro business. Non siamo ancora alla fase in cui la macchina ha sostituito dei lavori ripetitivi in pieno a causa della diffidenza rispetto all’AI. Tuttavia, secondo me l’AI guiderà delle efficienze di cui solo gli studi “illuminati” sapranno approfittare».
«In qualità di studio specializzato nel settore tech, siamo fortemente impegnati nell’adozione precoce di soluzioni legal tech, con il duplice obiettivo di soddisfare le esigenze dei nostri clienti e rendere il nostro lavoro di avvocati efficiente e ad alto valore aggiunto», dice Attilio Mazzilli, managing partner di Orrick. «In materia di intelligenza artificiale generativa, abbiamo implementato Orrick.AI, uno strumento in stile ChatGPT, in ambiente protetto. Il 30% del nostro team lo utilizza quotidianamente per facilitare la sintesi dei documenti, la stesura dei contenuti, la risposta a quesiti, la traduzione, la correzione di bozze e la rielaborazione di testi. Altre soluzioni adottate su larga scala dai nostri professionisti sono Harvey, Kira, Draftwise, Litera and Docusign. Oltre 400 dei nostri avvocati utilizzano quotidianamente una combinazione di questi strumenti e stiamo valutando oltre 40 nuovi tool al mese. A livello internazionale abbiamo costituito «Orrick Labs», un team composto da avvocati, programmatori e staff, dedicato a progettare soluzioni che il mercato al momento non offre. Per citare alcuni numeri, negli ultimi 18 mesi Orrick Labs ha implementato oltre 100 soluzioni, tra cui la creazione di oltre 225 moduli automatizzati utilizzati più di 30.000 volte, consentendo ai nostri avvocati di concentrarsi solo sul premium di valore determinato dall’esperienza di un professionista. Forti di questo background, abbiamo poi creato «The Observatory», un database che contiene l’analisi di oltre 600 strumenti legaltech e soluzioni tech di varia natura che i nostri team hanno testato o stanno attualmente testando. Questo database è anche a disposizione dei nostri clienti, che possono trovare soluzioni tech utili a soddisfare i bisogni più diversi. Infine, proprio perché la tecnologia è parte della nostra natura, attraverso la nostra iniziativa di legal tech venture investing, investiamo strategicamente in alcune delle società con cui collaboriamo».
La tecnologia giocherà un ruolo sempre più importante nel mercato dei servizi legali. «Abbiamo immediatamente compreso la valenza strategica di questa evoluzione e agito di conseguenza, investendo e dedicando significative risorse in quest’area», sostiene Amilcare Sada, partner di A&O Shearman, «Siamo stati i pionieri nel sostegno alle start up di legal tech, inaugurando, già nel 2007 Fuse, l’innovation hub nel cuore della nostra sede di Londra. Abbiamo poi costantemente portato innovazione nel settore implementando una serie di soluzioni di legal tech fino ad essere i primi ad entrare in partnership con Harvey, la prima piattaforma di Intelligenza Artificiale basata su tecnologia GPT-4 dedicata al mondo legale. Ancora più recente è il lancio di ContractMatrix: strumento di supporto alla revisione e stesura dei contratti che utilizza l’intelligenza artificiale e altre tecnologie, ideato in collaborazione con Microsoft e Harvey e disponibile come software as a service. L’applicazione delle soluzioni di legal tech e di piattaforme come Harvey, che agisce come un «super assistente», elaborando previsioni e analisi basate su grandi volumi di dati con un’elevata accuratezza, consente un risparmio di tempo ed un incremento della qualità del servizio offerto.
Ciò consente ai nostri avvocati, non solo di fornire un servizio migliore, ma anche di avere più tempo per focalizzarsi su attività a maggior valore aggiunto per i clienti. La tecnologia, infatti, non cambia l’essenza del settore legale, che rimane un «people business». Investire sul capitale umano, valorizzando le diverse propensioni ed approcci delle persone, avere la capacità di attrarre e trattenere i migliori talenti è vitale. Gli studi legali di successo sono quelli che riescono ad usare l’innovazione tecnologica per consentire un forte investimento nel capitale umano, questo equilibrio è ciò che permetterà agli studi di affrontare con successo le sfide del futuro».
Gli investimenti nel settore tecnologico stanno diventando sempre più strategici nella gestione di uno studio legale, specie se di dimensioni rilevanti e parte di un network internazionale. «Si sta sviluppando grandemente il settore della cybersecurity», dice Marcello Floris, executive partner di Eversheds Sutherland. «Recentemente ci sono stati casi di studi legali di primo piano che hanno subìto attacchi informatici, con finalità estorsive e grave dispersione di dati riservati di proprietà dei clienti. La sicurezza informatica sta diventato quindi un elemento ed un complemento imprescindibile dei servizi offerti da un grande studio. E l’investimento si sviluppa non solo sul piano tecnologico, ma anche in termini di copertura assicurativa da attivare in caso di hackeraggio o perdita casuale di dati.
L’altra voce di gran lunga preponderante è quella dell’intelligenza artificiale. A mio giudizio l’AI non sembra ancora essere uno strumento completamente perfetto e totalmente affidabile, specie nel fornire risposte a quesiti sofisticati e complessi. Viceversa, nella gestione di lavori ripetitivi, standardizzati e non concepiti su misura per esigenze particolari, l’AI consente sicuramente risparmi di tempo e risorse notevoli e, a motivo di ciò sta diventando sempre più uno strumento imprescindibile di lavoro, su cui gli studi dovranno necessariamente investire».
«Secondo l’Osservatorio professionisti e innovazione digitale della School of management del Politecnico di Milano soltanto l’8% degli avvocati italiani investe più di 10 mila euro in nuove tecnologie, mentre il 35% destina una spesa tra i 3 e i 10 mila euro», commenta Luca Marasco, senior associate di Eptalex. «Quanto in particolare all’intelligenza artificiale (IA), gli ambiti principali di applicazione dell’IA includono l’automazione di compiti ripetitivi come la revisione e l’analisi di enormi volumi di documenti, la redazione di contratti standard, la compilazione di moduli e l’assistenza nella ricerca giuridica.
La ricerca dell’Osservatorio ha evidenziato che il 55% degli avvocati ha risposto che il principale utilizzo dell’IA riguarda il monitoraggio e la ricerca di fonti giuridiche. Allo stesso tempo, gli studi multidisciplinari (tax, legal, consulenti del lavoro, ecc.) sono quelli che investono di più in Intelligenza Artificiale e nuove tecnologie, a dimostrazione del fatto che i grandi studi legali continuano a investire significativamente nell’IA. È evidente la spaccatura tra gli studi multidisciplinari e i singoli professionisti.
Alla luce di questi dati, non è agevole comprendere se questi investimenti stiano realmente portando efficienza nel mondo forense. Non dobbiamo infatti dimenticare che si tende a sovrastimare gli effetti di una nuova tecnologia nel breve periodo e a sottostimarne gli effetti nel lungo periodo. L’Intelligenza Artificiale non fa eccezione: se da un lato gli investimenti in IA e altre tecnologie possono aumentare l’efficienza e la produttività (e in alcuni casi già oggi è così), dall’altro lato il reale impatto sul settore legale non è ancora chiaro. La domanda non è se scomparirà la professione dell’avvocato, ma in che misura le attività forensi saranno realmente sostituite dall’IA. Ad oggi si possono soltanto fare previsioni basate sull’assunto che l’automazione di compiti standardizzati permetterà agli avvocati di focalizzarsi su attività più strategiche e complesse. Questo ha il potenziale di liberare risorse umane e ridurre la necessità di personale per compiti ripetitivi. Occorre infine evidenziare che l’investimento nell’Intelligenza Artificiale deve includere attività di formazione all’utilizzo dell’IA, come prescritto dall’art. 4 dell’AI Act recentemente pubblicato. In questo senso, l’investimento in nuove tecnologie deve comprendere anche una significativa parte di tempo dedicata alla formazione all’uso dell’IA».
Per Sara Catapano, founder & Ceo di Iaia, prima startup di management per professionisti legali «ci sembra sempre più centrale anche nell’avvocatura il tema dell’innovazione di soluzione (digitalizzazione/automazione di attività manuali) rispetto all’innovazione di significato (cambiare il senso, la finalità e quindi il modo di lavorare): come è percepita oggi la tecnologia presente sul mercato dai professionisti legali? I legali sono abbastanza consapevoli da poter negoziare il prezzo delle soluzioni tecnologiche, o siamo ancora in una fase di recepimento passivo (perché di base inesperti) e di suggestione al risparmio o suggestione tout-court delle potenzialità digitali e informatiche a prescindere dal vero bisogno e utilizzo?
Un ulteriore interrogativo che ci poniamo è quanto gli studi abbiano oggi la capacità di distinguere tra spesa in tecnologia e investimento. L’investimento presuppone una capacità di calcolo dei ritorni attesi in termini sia economici che qualitativi sui professionisti stessi, ad esempio espressi in livelli misurabili di autorealizzazione e apprezzamento da parte del mercato – senza queste analisi l’opportunità tecnologica rischia di essere solo un costo e un «must have» con efficacia competitiva e migliorativa ancora piuttosto limitata. Probabilmente finché non arriverà (se arriverà) un legale «robotico» totalmente artificiale dobbiamo ipotizzare che anche la tecnologia più sofisticata (l’Intelligenza Artificiale è solo agli inizi, per citarne una) continui ad aver bisogno di un pilota-istruttore-controllore umano, e questo necessariamente dovrebbe spostare l’attenzione dei professionisti anche sugli investimenti in conoscenze e in organizzazione ottimizzata del proprio lavoro; la tecnologia funziona attraverso schemi logici e matematici, dovremo iniziare a farcene una ragione e accogliere anche approcci più analitici applicati a quello che facciamo. Nella nostra esperienza, più che essere gli avvocati a doversi tecnicizzare, sempre più professionisti stanno cogliendo l’opportunità per umanizzare e «avvocare» la tecnologia, rendendola plastica ed efficace rispetto non tanto e non solo al «come» lavora un avvocato, ma rispetto agli obiettivi che ci si prefigge. Proprio per questo la tecnologia attuale e rapidamente prospettica rappresenta la più grande opportunità per i legali da quando esiste la professione: ci costringe alla riflessione antropologica e ontologica su cosa vogliamo essere e cosa ci contraddistingue dall’automazione e dalla macchina».
Per Federico Casa, founding partner di Casa & associati «dopo il Covid la formazione è divenuta perlopiù on line, e ciò attraverso il ricorso ai webinar, con riferimento ai quali non vedo alcuna particolare controindicazione, se non probabilmente che nel mercato vi è oggi una offerta superiore alla domanda, e spesso gli utenti non sono in grado di comprendere se le proposte di webinar sono serie o non si tratta piuttosto di forme di comunicazione senza alcuna dignità teorica e interesse pratico. Per risolvere il problema, bisognerebbe che ogni offerta chiarisse bene l’argomento trattato, ne proponesse un abstract e indicasse l’esperienza del relatore sulla questione trattata».
Elisabetta Busuito, partner di B – Società tra Avvocati ricorda che «nelle ultime settimane il dipartimento di diritto penale dello studio ha aderito alla fase sperimentale di un progetto, condotto da una startup innovativa, che mira a congegnare e rendere fruibili delle soluzioni di applicazione dell’AI alla difesa nel processo penale. In particolare, l’applicativo che abbiamo iniziato a sperimentare nella nostra quotidianità professionale consiste di un sistema gestionale che permette di digitalizzare i fascicoli cartacei inerenti ai vari processi che ci vedono coinvolti quali difensori, di poter archiviare al suo interno gli atti che li compongono catalogandoli per classe tipologica e per fase procedimentale di riferimento e, soprattutto, di effettuare nell’ambito del patrimonio cognitivo-documentale – così consolidatosi in forma dematerializzata – delle ricerche tramite uno strumento di AI generativa, capace di interpretare il contenuto semantico dei documenti e di interagire con un’interfaccia naturale. In tal modo, ad esempio, interrogando la «macchina» con quesiti diretti, è possibile individuare e avere immediata evidenza dei riferimenti di specifici passaggi dell’incarto processuale che si ritengono di interesse per esaminare determinate tematiche, oltre che muoversi più agevolmente nella consultazione «virtuale» degli atti in tutti i loro rivoli narrativi. Si tratta innegabilmente di uno strumento che, sulla base dell’esperienza sinora maturata, facilita davvero l’attività difensiva – supportando e non certo surrogando la sua irrinunciabile componente umana –, nella misura in cui vale a ottimizzare i tempi del reperimento delle informazioni contenute negli atti, già oggetto di studio da parte del difensore, e ad assicurare una migliore archiviazione degli stessi con un approccio sistematico. Uno strumento che, a ben vedere, finisce per affiancarsi efficacemente al collaudato utilizzo delle banche dati giuridiche (molte delle quali fanno oggi ricorso ai presidi di AI), che rivestono già da tempo un notevole peso specifico nell’economia complessiva degli studi legali».
42 Law Firm investe in tecnologie proprietarie attraverso LT42, la legal tech del gruppo e anche software di terze parti. «Le modalità di investimento sono duplici», spiega Giuseppe Vaciago, partner di 42 Law Firm, «da un lato la creazione di tool che vengono sviluppati internamente all’universo «42» e che sono di grande aiuto per la gestione delle esigenze dei Clienti e dall’altro un’attività di «scouting» che consenta di analizzare quali possono essere i migliori software legal tech presenti sul mercato. Considerando che l’investimento in tecnologia del nostro Studio è, sin dal 2020, una delle principali voci di costo, l’incremento di spesa, dovuto agli strumenti di intelligenza artificiale generativa, non è stato particolarmente significativo anche alla luce del fatto che i costi non sono così elevati in questa fase di lancio. Soprattutto se sì considera che alcuni di questi strumenti sono open source e l’unica voce di costo riguarda quella connessa allo storage e alla capacità computazionali. Allo stato non è facile fornire dei dati oggettivi sull’aumento della produttività. È indubbio che l’utilizzo degli strumenti di AI generativa stanno «velocizzando» alcuni processi di redazione o di analisi di atti legali. È altresì indubbio che sia difficile la misurazione dei benefici perché siamo in una fase sperimentale. Rimane un dato di fatto: alcune funzioni basilari (traduzione dall’italiano all’inglese, riassunto di documenti, redazione di documenti «elementari») possono essere definitivamente «sdoganate» dai sistemi LLM. Se però chiediamo a tale sistema, di redigere un atto, noteremo un potenziale numero di errori o di «allucinazioni». È ancora presto, quindi, per definire in modo certo l’impatto dell’AI sulla produttività di uno studio legale, ma siamo sicuri che nell’arco di 1, massimo 2 anni, ciò sarà possibile e questo rivoluzionerà la professione legale per come la conosciamo oggi. Questi investimenti stanno diventando centrali nei bilanci di vari Studi Legali anche se l’obiettivo principale non è quello di investire di più, ma di investire meglio cercando di individuare gli strumenti che possano avere un ruolo strategico sotto il profilo della sicurezza informatica nei prossimi anni a venire».
SZA Studio Legale è molto attento al progresso tecnologico in ambito legale, sia in ambito hardware sia in ambito software. «Con il passare degli anni abbiamo rafforzato la nostra struttura IT, investendo nel costruire una partnership solida con i nostri fornitori esterni di servizi IT e del gestionale di studio, che ci supportano sia nei classici problemi quotidiani con gli strumenti informatici sia in progetti di sviluppo di soluzioni interne ed esterne che rendano più efficiente il lavoro dei professionisti e dello staff di SZA», afferma Giacomo Mazzoleni di SZA Studio Legale, «La gestione delle pratiche di studio è ormai quasi integralmente digitale, con tutti i documenti in cloud al fine di facilitare l’accesso ai documenti senza rinunciare alla sicurezza ed alla riservatezza, che costituiscono un primario punto di interesse dei nostri clienti. Ogni anno investiamo circa il 3% del nostro fatturato in tecnologia e strumenti informatici, con un trend in crescita soprattutto per quanto riguarda la componente software. Ritengo comunque importante precisare come tali investimenti rispondono all’esigenza di migliorare il servizio offerto ai clienti, senza però prescindere dalla componente umana che deve essere in grado di sfruttare al massimo tali strumenti. Proprio per questo, uno degli aspetti fondamentali per il corretto utilizzo di tali strumenti è una costante formazione, soprattutto dei più giovani, con i quali teniamo un appuntamento mensile di aggiornamento e condivisione delle problematiche e delle opportunità dell’utilizzo della tecnologia in studio. Da ultimo, abbiamo cominciato a testare alcune soluzioni di knowledge management basate su intelligenza artificiale, con l’obiettivo di dotarci di un «innovativo compagno di viaggio» che sia affidabile e che allo stesso tempo valorizzi il know how dello studio».
Per Jacopo Bovolenta, strategy advisor di Endevo «gli investimenti in nuove tecnologie, sia per quanto riguarda la parte infrastrutturale sia quella software, assumono una rilevanza sempre più centrale anche per noi, con l’obiettivo di assecondare la crescente ricerca di condizioni di efficienza. E l’aggiornamento richiede interventi trasversali per progredire in tutti gli ambiti. Le esigenze di realtà professionali come la nostra, volte ad assicurare rapidità di risposta, capacità di collaborare (internamente e con il cliente) e adeguati livelli di cyber security comportano interventi interconnessi, che possono riguardare l’adeguamento della linea di trasmissione dati e dell’infrastruttura cloud, l’implementazione di strumenti di collaborazione da remoto, fino all’integrazione di strumenti di intelligenza artificiale. Quest’ultimo è un ambito da approfondire; pur essendo già visibili le potenzialità in termini di automazione di attività routinarie, stiamo ragionando su quale possa essere la configurazione migliore. Quel che è certo è che nessuno potrà farsi trovare impreparato di fronte a un cambiamento che si preannuncia rilevante».