Salini si aggiudica un round nella battaglia su Impregilo, ma è Gavio ad avere la maggioranza dei voti. Per la prima volta il gruppo romano, impegnato in una scalata del colosso delle costruzioni di cui ha rastrellato il 29%, ha bloccato in assemblea lo storico socio Gavio. L’unico vero sconfitto è però il mercato visto che la proposta di dare alle minoranze cinque posti in consiglio non è passata.
La seconda delle tre assemblee che da qui a metà luglio decideranno chi comanderà su Impregilo, si è chiusa con una “vittoria” di Salini, ma nella sostanza con i fondi che si sono schierati dalla parte di Gavio. In tutte e due le votazioni che si sono svolte, la famiglia di Tortona ha ottenuto più del 50% dei voti. Un risultato che fa ben sperare per la decisiva assemblea di luglio (dove si deciderà se Gavio verrà estromesso o meno dal consiglio), anche se non c’è alcuna garanzia che quegli stessi fondi si comporteranno allo stesso modo tra un mese e mezzo. L’esito è ancora del tutto imprevedibile visto che ieri c’era in assemblea il 75% del capitale (contro il 71% del precedente appuntamento), una percentuale molto alta per la media delle quotate in Italia, ma che comunque lascia fuori ancora un 25% di flottante. E siccome Salini ha avviato una raccolta deleghe formale (e lo stesso si appresterebbe a fare Gavio), i numeri, il giorno dello scontro finale, potrebbero cambiare radicalmente.
La guerra tra Salini e Gavio sarà quindi lunga e soprattutto il test di ieri ha confermato, se mai ce ne fosse bisogno, che saranno i fondi e gli investitori istituzionali l’ago della bilancia, schierandosi con l’uno o con l’altro. I due soci-rivali, che già avevano avuto a fine aprile un primo confronto, ieri erano chiamati a ratificare la cooptazione di tre consiglieri (Barbara Poggiali, Alfredo Scotti e Nigel Cooper) e modificare lo statuto. Ne uscito un pari: una votazione a favore di Gavio e una a favore di Salini. Nel primo caso è passata la linea di Beniamino Gavio, nonostante la netta contrarietà di Amber sul nome del consigliere Cooper perché l’uomo è anche consigliere in Parmalat, di cui Amber ha il 2%, e dove la settimana scorsa il proprietario Lactalis ha annunciato un’operazione molto controversa e criticata dal mercato. Tuttavia il fondo non ha poi votato contro ma si è limitato a un’astensione e così facendo la sensazione è che non abbia voluto essere percepita come schierata a favore di uno o dell’altro e mantenersi super-partes per il voto, quello sì cruciale, del 12 luglio. Così i fondi aumentano il loro potere negoziale, sapendo di essere decisivi. Ma siccome la modifica al board non è passata, chi vincerà il 12 luglio si porterà a casa di fatto tutto il board.
Nel secondo caso l’esito era scontato, nel momento in cui si è capito che Salini non aveva alcuna intenzione di assecondare la proposta di Gavio: la votazione richiedeva una maggioranza qualificata, ossia del 75%. E Salini con il 29,9% da sola è in grado di bloccare qualsiasi assemblea straordinaria (come d’altronde Gavio). E così è stato. In casa Gavio fanno notare che, sebbene senza quorum, loro hanno ottenuto oltre il 60% di voti a favore. Una percentuale che in un’assemblea ordinaria (e quella del 12 luglio lo sarà ) darebbe tranquillamente la maggioranza. Maggioranza che tra l’altro Gavio ha ottenuto anche nel caso del voto su Cooper dove, nonostante Amber, ha racimolato oltre la metà dei voti. I numeri non hanno però sedato le schermaglie tra i due rivali: Bruno Binasco, lo schivo e riservato braccio destro della famiglia, è sceso in campo per attaccare personalmente il socio romano accusandolo di essersi «assunto la grave responsabilità » di impedire che Impregilo avesse una governance all’avanguardia in Italia e bloccando l’introduzione delle quote rosa». Ma Salini ha rispedito al mittente le critiche: «Una finta apertura, solo per acquisire consenso».
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Il Sole 24 Ore
29/05/12
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