Il Fisco «pesa» le liti tributarie per decidere quando fermarsi e quando andare avanti. Un vero e proprio rating ottenuto grazie a un sistema che calcola la sostenibilità della controversia sulla base soprattutto degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità. E c’è poi tutta una serie di casi in cui le Entrate indicano già agli uffici territoriali di fare un passo indietro. Dagli accertamenti sugli studi di settore in cui non è stato effettuato il contraddittorio preventivo con il contribuente al disconoscimento dei costi black list non indicati separatamente in Unico per i periodi d’imposta precedenti al 2007. Dal rifiuto del rimborso Irap ad agenti di commercio, promotori finanziari e medici convenzionati con il Sesn senza autonoma organizzazione, al recupero delle imposte sulle disposizioni patrimoniali ai figli in seguito ad accordi di separazione e divorzio.
Sono alcuni dei casi (si veda nel dettaglio la tabella a lato) in cui gli uffici sono chiamati a non proseguire la controversia. «Le direttive di abbandono sono ormai numerosissime – spiega Vincenzo Busa, direttore affari legali e contenzioso dell’agenzia delle Entrate- perché l’obiettivo programmato di migliorare l’indice di vittoria in giudizio rende necessaria una sistematica ricognizione delle questioni da non sostenere in giudizio».
Inoltre «la difformità delle pronunce non aiuta a migliorare il rapporto con il contribuente – continua Busa – e crea ostacoli alla individuazione di efficaci strategie processuali mentre la gestione del contenzioso è resa problematica anche da pronunce non in linea con il dettato della Cassazione». Ed è proprio la Suprema corte a rappresentare il faro per la navigazione in un tema caldissimo per imprese e professionisti come l’abuso del diritto, su cui la mancata approvazione della delega fiscale non ha consentito di arrivare a una regolamentazione: «Le direttive impartite agli uffici e le conseguenti strategie di difesa – sottolinea il direttore – sono strettamente allineate alla giurisprudenza della Cassazione».
Più in generale, la strategia seguita sembra dare risultati soddisfacenti in termini di vittoria davabti ai giudici. «Fatto pari a 100 il totale degli esiti favorevoli e sfavorevoli (al netto, quindi, delle altre pronunce), le decisioni favorevoli alle Entrate – illustra Busa al Sole 24 Ore – superano quelle a favore del contribuente in primo grado dell’8,2 % (54,1 contro 45,9), in secondo grado del 6% (53 contro 47) e in Cassazione del 42% (71 contro 29). Se poi includiamo tra le decisioni favorevoli anche quelle “parziali”, che confermano comunque la proficuità dell’atto impugnato, le decisioni favorevoli all’Agenzia superano quelle a favore del contribuente in primo grado del 20,8 % (60,4 contro 39,6) e in secondo grado del 17% (58,5 contro 41,5). L’indice di vittoria migliora, infine, ulteriormente se tra le decisioni favorevoli si includono i provvedimenti di estinzione (altri esiti) emessi in primo grado, che in tanti casi confermano la validità dell’atto». Alla fine dei conti, poi, la gestione del contenzioso è finalizzata a salvaguardare gli atti di recupero dell’evasione fiscale dei contribuenti. Un fronte su cui l’amministrazione finanziaria intravede segnali incoraggianti anche quando in gioco ci sono cifre elevate: «Dato che le controversie di valore non superiore a 20mila euro rappresentano meno del 5% del valore complessivo del contenzioso – prosegue il direttore – credo che la proficuità di gestione delle controversie più importanti si possa desumere dall’indice di vittoria per valore calcolato sulle pronunce definitive: nel 2012, per ogni 100 euro in contestazione, l’Agenzia se ne è definitivamente aggiudicati 70».
Resta, però, un problema di fondo: il ricorso al contenzioso ancora elevato. È vero che nel 2012 i ricorsi contro le Entrate si sono ridotti di quasi il 30% rispetto all’anno precedente ma nel complesso sono stati oltre 115mila e la pendenza di Ctp e Ctr (per le istanze contro tutti gli enti impositori e quindi non solo l’Agenzia) sfiora i 730mila fascicoli. La contrazione delle liti in ingresso, comunque, si spiega sia con il contributo unificato sia con il reclamo obbligatorio contro gli atti emessi dalle Entrate fino a 20mila euro di valore e notificati dal 2 aprile 2012. La mediazione (che ha permesso di evitare già 15mila liti lo scorso anno) è strumento su cui il Fisco punta: «Istituzionalizza l’autotutela offrendo possibilità al contribuente – conclude Busa – di avere entro 90 giorni una risposta scritta e motivata alle sue richieste di annullamento dell’atto. Grazie alla mediazione l’autotutela da discrezionale diventa obbligatoria».
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Il Sole 24 Ore
27/02/13
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