13.01.2014

Il costo indeducibile entra nell’accertamento ai soci

  • Il Sole 24 Ore

Anche i costi indeducibili recuperati con l’accertamento alla società di capitali a ristretta base azionaria possono portare a imputare maggiori redditi ai soci così come gli utili extra-bilancio. È la tendenza che sta emergendo nei controlli degli uffici dell’amministrazione finanziaria.
I rilievi
Gli accertamenti alle società di capitali possono produrre risvolti anche sui soci. Sebbene non esista (salvo opzione) l’imputazione del reddito per trasparenza, il Fisco a volte contesta al socio l’omessa indicazione di un reddito di capitale, in proporzione delle quote o azioni possedute, in caso di rettifica della dichiarazione dell’ente.
In altre parole, l’amministrazione finanziaria ritiene che i maggiori ricavi contestati alla società siano confluiti al socio al pari di un’ordinaria distribuzione di dividendi. La presunzione è radicata nella circostanza che per società a ristretta base azionaria o a base familiare esiste tra i soci una complicità tale che gli utili extracontabili siano divisi direttamente.
Secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità il ridotto numero dei soci consente infatti di presumere che abbiano maggiore conoscibilità degli affari societari e vi sia un reciproco controllo della gestione. Senza un reinvestimento, quindi, è verosimile che gli utili extracontabili siano stati ripartiti tra i soci.
La mancata distinzione
In alcune circostanze il maggior imponibile recuperato a tassazione dall’amministrazione finanziaria può essere rappresentato sia da ricavi considerati evasi dalla società e sia da costi ritenuti indeducibili. Nell’emettere l’avviso nei confronti dei soci, l’ufficio non esclude la ripresa fondata sull’indeducibilità di alcuni costi ma considera il rilievo nel suo complesso. L’accertamento sul socio per dividendi non dichiarati comprende così anche somme che non possono essere state incassate.
In realtà, però, non si può evitare di sottolineare un aspetto rilevante: un costo sostenuto dalla società – anche se ritenuto fiscalmente indeducibile – rappresenta pur sempre un esborso di denaro e quindi tali somme mai potrebbero essere distribuite tra i soci perché già destinate al soggetto fornitore del bene o del servizio.
L’uscita effettiva
Uno dei principali cardini della difesa del contribuente accertato (si veda anche l’articolo in basso) passa dal rilievo che la presunzione di distribuzione trovi applicazione solo se il maggior reddito accertato derivi dalla contestazione di costi non sostenuti effettivamente e non anche quando il costo sia solo ritenuto indeducibile. Gli uffici, invece, ritengono legittima l’imputazione ai soci anche dei costi indeducibili anche sulla scorta di due pronunce di legittimità (la 17959 e 17960 del 2012), secondo le quali «i costi costituiscono un elemento importante ai fini della determinazione del reddito d’impresa, sicché, allorquando essi siano fittizi o indeducibili, scatta la presunzione che il medesimo è maggiore di quanto dichiarato, con la conseguenza che non si può riscontrare alcuna differenza tra la percezione di maggiori ricavi e l’indeducibilità o inesistenza di costi».
Il principio può essere valido in presenza di costi inesistenti: in tale ipotesi è plausibile ritenere che il costo fittizio sia stato imputato per nascondere maggiori redditi. Quando invece il costo è realmente sostenuto, le somme pagate a terzi è inversomile che costituiscano utili per il socio. A tal proposito, la sentenza 574/2010 della Ctr Lazio ha ritenuto che la presunzione di distribuzione può essere legittima qualora sia fondata sull’esistenza di ricavi non contabilizzati e/o costi inesistenti, in quanto sono le uniche ipotesi in cui è «logicamente presumibile» ritenere che i soci abbiano incassato somme in nero. E la sentenza 27186/2013 della Cassazione ha confermato anche la legittimità delle sanzioni irrogate dall’ufficio per la violazione degli obblighi di redazione e presentazione del modello 770 a carico della società, in quanto quest’ultima sarebbe il sostituto d’imposta per le ritenute connesse a tali utili.