26.01.2016

Il confronto Padoan-Vestager E l’ipotesi mini «bad bank»

  • Il Corriere della Sera
Pier Carlo Padoan va a Bruxelles per chiudere la partita sulla “bad bank” ed è possibile — non scontato — che ci riesca veramente. Ma anche se il suo incontro di oggi con il commissario Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager andasse nel migliore dei modi, il ministro dell’Economia sa che il lavoro sulle banche entra nel vivo solo adesso: la giostra del riassetto del credito in Italia sta per iniziare alla luce dei valori che un accordo con Bruxelles può aiutare a far emergere. Poco importa a questo punto che quell’intesa in Europa sarà meno efficace di quanto il governo sperasse un anno fa. Il sistema bancario in Italia ha già capito che dovrà usare al meglio gli strumenti, limitati, oggi a portata di mano.
Non manca più molto ad avere un minimo di chiarezza in più, in effetti. Venerdì scorso gli sherpa del Tesoro sono rientrati dopo un incontro tecnico a Bruxelles con l’impressione che resti giusto l’ultimo miglio: la soglia che solo i politici possono prendersi la responsabilità di varcare. Il sistema proposto dall’Italia per liberare le banche dall’eredità della grande recessione — duecento miliardi di crediti in default — è così leggero che tutto si gioca sui dettagli.
Non ci sarà nessuna «bad bank» di sistema in senso classico, nessun grande veicolo pubblico (o privato) che compri dalle banche a prezzo scontato i prestiti deteriorati e li gestisca per anni nel migliore dei modi. È prevista solo una garanzia a pagamento, molto probabilmente fornita da una controllata della Cassa depositi e prestiti, per chi la vuole nel momento in cui ricompra da una banca un pacchetto di crediti deteriorati.
In teoria ogni banca potrebbe essere affiancata da una propria «bad bank», alla quale vengono ceduti i pacchetti di crediti cattivi. Se poi quei pacchetti finissero per fruttare alla «bad bank» acquirente meno di quanto questa li abbia pagati — per esempio perché gli immobili a copertura dei debiti si rivelano invendibili — allora scatterebbe la garanzia pubblica con un pieno indennizzo.
Questo meccanismo punta a incoraggiare un mercato dei crediti in default venduti a prezzi stracciati, perché chi li compra saprebbe di avere una rete di sicurezza: potrebbe tenerli fino a scadenza, cercando di ottenere dal debitore almeno qualche pagamento; oppure potrebbe impacchettarli di nuovo e venderli a sua volta. Resta però una strada stretta, tortuosa e limitata. Il problema di cui Padoan e Vestager parleranno oggi a Bruxelles del resto è ben chiaro a entrambi: i due devono accordarsi su quanto costa la rete di sicurezza per il compratore di crediti in difficoltà.
La Commissione Ue chiede che la garanzia pubblica abbia un prezzo “di mercato”, non così basso da diventare un sussidio nascosto dello Stato alla banca che così può vendere le parti malate del suo bilancio a prezzi gonfiati. Il governo italiano invece teme che se il prezzo della garanzia fosse troppo alto, nessuno se ne servirebbe. In quel caso il mercato dei crediti non potrebbe svilupparsi e le banche resterebbero gravate dai loro antichi problemi.
In concreto, Padoan propone che questa sorta di assicurazione pubblica costi 0,7% o 0,8% del valore teorico del credito in default: tanto costarono in Europa le garanzie pubbliche ai debiti bancari durante la terribile recessione del 2009, dopo il crash di Lehman Brothers. Se invece Vestager insisterà per un costo troppo più alto, l’intesa potrebbe slittare.
L’impressione è che l’ex vicepremier danese, commissario Ue alla Concorrenza da poco più di un anno, sia disposta a trovare un accordo e voltare pagina.
Vestager non intende rinunciare ai principi di Bruxelles, che limitano gli aiuti di Stato, ma non vuole rischiare una crisi del sistema finanziario in un’economia pesante come quella italiana. Di certo se questa rete di sicurezza si aprisse e le banche iniziassero a vendere i loro crediti malati, si inizierebbe finalmente a capire quanto valgono davvero.
Molto probabile a quel punto che le cessioni in media avrebbero prezzi inferiori al 43% medio del valore originario del prestito, oggi iscritto nei bilanci. Ma non emergerebbero neppure le valutazioni stracciate al 17,6% imposte in novembre dalla Commissione Ue nella liquidazione di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e CeriChieti. Ciò implica che un nuovo ciclo di svalutazioni aspetta gli istituti di credito in Italia, però non drammatico e comunque tale da fare finalmente chiarezza.
Il sistema bancario potrebbe dunque essere vicino a una svolta: sta per emergere dal labirinto della recessione partita del 2008, sottocapitalizzato sì ma forse non così esangue nel complesso da non potersi rafforzare pian piano sul mercato nei prossimi anni.
La partita di scacchi delle aggregazioni potrà partire in condizioni meno incerte. Stasera nel volo di ritorno da Bruxelles, un appunto di più che Padoan riporta a casa nel suo bagaglio.