10.01.2013

Il calo dei BTp spinge i dividendi

  • Il Sole 24 Ore

Per alcuni è solo una moda. Per altri è la risposta dell’industria dell’asset managment alla recente crisi finanziaria: con le cedole dei titoli di Stato particolarmente basse e con un appetito al rischio che nonostante i sussulti delle ultime settimane resta basso, per ottenere soddisfazione dai propri investimenti occorre puntare sui titoli azionari che offrono un rendimento costante e affidabile. È il cosiddetto “dividend income”, che sta spingendo i gestori di fondi azionari a specializzarsi nei titoli capaci di corrispondere ai sottoscrittori dividendi generosi e, soprattutto, costante nel tempo: evitando cioè quelle società che cambiano strategia di frequente o distribuiscono “cedole” eccessivamente generose a scapito dell’investimento nella propria attività caratteristica. Gli asset manager ritengono che le azioni che offrono buoni dividendi tendono a performare meglio rispetto a molte altri asset in periodi di bassa crescita, interessi bassi e volatilità economica, all’incirca la situazione attuale. L’identikit di queste società? Aziende con valutazioni consolidate, business con modelli sostenibili che possano continuare a crescere costantemente nel tempo.
Il tema sta diventando particolarmente appetibile anche in Italia, ora che il rendimento dei BTp ha abbandonato il 5% e ieri si è avvicinato al 4,2%. Complice l’allentarsi delle tensioni sui Paesi periferici dell’Eurozona, l’interruttore dei mercati si è posizionato sul risk-on, facendo recuperare i livelli dell’agosto 2011. Un sorriso doppio: per le azioni ma ovviamente anche e soprattutto per i sottoscrittori di BTp: chi ha puntato sull’Italia nella fase più acuta della crisi (fine novembre 2011) registra oggi un guadagno che arriva a sfiorare il 20%.
Attenzione: titoli di Stato e azioni sono ovviamente classi di investimento che appartengono a classi di rischio diverse, che devono ricoprire ruoli differenti nei singoli portafogli. Ma le finalità e le modalità di investimento di queste due classi si stanno notevolmente avvicinando. Per chi deve decidere oggi, la competizione tra titoli di Stato sottoposti all’ombrello della Bce (Omt) come i BTp e i migliori titoli azionari che distribuiscono alti dividendi, inizia a farsi serrata. Vanno precisati tuttavia una serie di avvertenze: le azioni dei società che staccano cedole elevate (pur essendo titoli azionari azioni e quindi tendenzialmente più rischiose e volatili di un bond governativo) storicamente appartengono a gruppi che vantano una solida struttura patrimoniale spesso sono multinazionali solide, poco indebitate e diversificate a livello internazionale. Inoltre, i dividendi indicati qui a fianco sono fotografati in base al prezzo delle rispettive azioni al 31 dicembre scorso, mentre i dividendi sono quelli comunicati per il 2012: per l’anno in corso si può ipotizzare un ritocco verso l’alto che potrebbe controbilanciare il minor impatto rispetto a prezzi in salita.
Un approccio non inedito, ma che acquista nuovo smalto alla luce del nuovo contesto finanziario. Negli Stati Uniti questo approccio è ancora oggi vanta una tradizione plusidecennale. In gergo i titoli nel mirino sono i “dogs of the Dow”, ossia i segugi del Dow: storicamente i primi 5 o 10 titoli con più alto rendimento in termini di dividendi hanno dato grosse soddisfazioni ai risparmiatori in quasi tutte le stagioni finanziarie. E anche nel 2012 in media hanno battuto la performance dell’indice Dow Jones. Già oggi a Piazza Affari alcuni titoli (Enel, Snam, Terna) offrono rendimenti (sulla base delle cedole pagate lo scorso anno) tra il 6 e l’8%, nettamente superiori a quanto rende il BTp. Nel Vecchio Continente, invece, le regine delle cedole sono le azioni telefoniche: France Telecom e Telefonica oggi pagano rendimenti nell’ordine del 15 per cento.