L’inaugurazione dell’anno giudiziario si annuncia rovente in tutte le sedi di Corte d’appello. L’avvocatura ha scelto il prossimo 25 gennaio quale giorno di protesta nazionale. Il rappresentante del consiglio dell’ordine o in alternativa un delegato dell’Organismo unitario dell’avvocatura consegnerà un video sullo stato di salute della giustizia italiana, leggerà un intervento e poi uscirà dalla sala per dire un secco no alle politiche del governo in materia.
Ancora, dal 3 febbraio prenderanno il via incontri in tutti 165 consigli degli ordini (in streaming sui siti dell’ordine) per organizzare assemblee cittadine aperte ai sindacati, ai sindaci, alla società civile. Sono queste alcune delle iniziative uscite dalla prima giornata dei lavori dell’ottava conferenza nazionale dell’avvocatura, in corso a Napoli fino a sabato. Un’assise che ha vissuto un pomeriggio di alta tensione fra urla e spintoni: prima di cominciare e anche durante i vari interventi programmati. In segno di protesta, infatti, al sottosegretario alla giustizia Cosimo Ferri è stato impedito di parlare per 40 minuti fra fischi e inviti a lasciare la sala. Intervento, comunque, fortemente contestato da una nutrita parte dei presenti anche quando Ferri ha fatto per conto del governo mea culpa su alcune riforme, dalla nuova geografia giudiziaria alla depenalizzazione di alcuni reati fino alle ultime innovazioni procedurali del processo (quali l’ammissione dei testimoni nei sinistri oppure il pagamento di una tassa per conoscere le motivazioni delle sentenze), e aperto la strada alla loro revisione.
«Una giustizia umiliata da interventi scollegati fra di loro non più accettabili», ha detto in apertura dei lavori il presidente dell’ordine degli avvocati di Napoli Francesco Caia.
Che ha aggiunto: «Metto a disposizione il mio mandato di rappresentante istituzionale in segno di protesta nei confronti di questa giustizia umiliata perché un avvocato può rinunciare a tutto ma non alla propria dignità».
A cercare di buttare acqua sul fuoco i due esponenti del Consiglio nazionale forense. Il presidente Guido Alpa ha infatti cercato di riportare la discussione sui mali della giustizia e sulla necessità di invertire la rotta perché la giustizia non diventi definitivamente un diritto di classe. Mentre il consigliere segretario Andrea Mascherin ha focalizzato l’attenzione del suo intervento sulle possibili soluzioni. «Il problema dell’arretrato nel processo civile», ha detto, «è superabile solo con l’impegno dell’avvocatura, che ha la forza numerica, le competenze tecniche e la professionalità per scrivere le sentenze, garantendo la celerità delle decisioni e dunque l’effettività dei diritti. Questo consentirebbe di liberare risorse per avviare una stagione di riforme strutturali, organiche e non estemporanee. Servono strumenti nuovi, alternativi al processo, in grado di tutelare a pieno i diritti oggetto di contenzioso». Nel quadro delle riforme necessarie, il Cnf ha annunciato inoltre di aver predisposto un articolato per la presenza obbligatoria di avvocati nell’ufficio legislativo del ministero della giustizia, oggi prevista solo come facoltativa a discrezione del ministero e non attuata. Mascherin ha precisato che nella proposta di legge i relativi oneri economici sono a carico del Cnf e dunque a costo zero per lo stato.
A riportare la discussione ancora una volta sulle prossime azioni dimostrative che saranno votate dalla Conferenza è poi stato Nicola Marino. Il presidente dell’Oua ha annunciato dal 17 febbraio l’astensione dalle udienze di otto giorni, una manifestazione a Roma «delle toghe nere» quindi gazebo e camper informativi davanti alla camera per i cittadini, anche con consulenza legale sui costi e le novità peggiorative per gli italiani. Date possibili il 18-19-20 febbraio. Per fine febbraio si pensa ad una manifestazione di chiusura a Roma con le altre professioni, i sindacati, i cittadini.