13.07.2015

I fattori anti-contagio a difesa dell’Italia

  • Il Sole 24 Ore
Il Paese con il più alto debito pubblico nell’Eurozona, in termini del valore dello stock rilevato da Eurostat per l’anno 2014, è la Germania con 2.170 miliardi seguita dall’Italia con 2.134 miliardi. Eppure sui mercati la Germania non rientra nel gruppo dei Paesi maggiormente indebitati dell’Eurozona ma, al contrario, i titoli di Stato tedeschi sono il bene rifugio per eccellenza denominato in euro. L’indicatore che pesa di più sulle scelte.
 I BTp sono stati a lungo penalizzati e contagiati dal rischio-Grecia proprio per il fatto che il debito/Pil dell’Italia, al 132,1% nel 2014 secondo Eurostat, è secondo solo a quello altissimo greco che orbita oramai in area 180%: la catena invisibile che ha legato l’Italia alla Grecia soprattutto agli inizi della crisi del debito sovrano europeo si è però ora spezzata.
Gli operatori finanziari e gli investitori riconoscono al debito pubblico italiano quella solidità e sostenibilità che i greci hanno perso, sulla base di numerosi fattori e soprattutto di alcuni trend chiave: andamento del Pil (che implica i progressi sulle riforme strutturali, la stabilità politica e la capacità futura di rimborsare i debiti puntualmente e integralmente), modalità di rifinanziamento del debito, accesso ai mercati, richiesta o meno di aiuti esterni, tenuta del sistema bancario, collocamento di titoli di debito sul mercato domestico, rating.
Il divario tra Italia e Grecia si sta ampliando enormemente sul fronte della crescita economica. L’Italia cresce poco e male ma cresce: il Pil salirà quest’anno dello 0,6%-0,7% ed è previsto in netto miglioramento nei prossimi anni. La Grecia invece è in piena conversione ad “U”: inizialmente il Pil greco era dato a +2,5% quest’anno, poi ritoccato a +0,5% mentre le ultime previsioni della Troika oscillano drammaticamente tra -2% e -4%.
Il debito/Pil dell’Italia è in area 133% ed è previsto in calo dopo un picco che dovrebbe registrarsi proprio quest’anno. Lo stock del debito pubblico italiano è tuttavia aumentato di una sessantina di miliardi per l’attività dell’Italia svolta come Paese creditore nella crisi: il contributo italiano agli aiuti esterni a Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro ha fatto salire il debito di 35 miliardi circa (Efsf-bond), 10,2 miliardi (prestito bilaterale ad Atene) e 14,33 miliardi (capitale paid-in Esm). Il debito/Pil greco per contro lievita ed è indomabile nonostante aiuti finanziari esterni eccezionali (Efsf, prestiti, Fmi e sostegno alle banche tramite Bce per un totale di 380 miliardi) e un haircut che ha tagliato il debito pubblico di 107 miliardi nel 2012.
Un altro fattore che ha contribuito a spezzare la catena che lega Italia e Grecia per via del numerone del debito/Pil è il rifinanziamento del debito. L’Italia ha accesso ai mercati e non lo ha mai perso, tutte le aste sono andate sempre coperte durante tutta la crisi: la Grecia non ha accesso ai mercati.
I titoli di Stato italiani sono molto liquidi, i rendimenti e lo spread rispetto alla Germania non sono smisurati. BoT, BTp CcTeu e CTz sono detenuti per la gran parte da investitori privati, istituzionali e operatori finanziari italiani: questo riduce l’esposizione dei titoli italiani agli umori altalenanti degli investitori esteri.
In risposta alle vendite massicce di BTp da parte degli stranieri tra la fine del 2011 e l’estate del 2012 l’Italia ha risposto con la creazione di un nuovo titolo di Stato, il BTp Italia, mirato al risparmiatore italiano: lo strumento ha avuto un successo indiscutibile, con un flottante che è arrivato quest’anno a quota 103 miliardi, dimostrando che l’Italia ha un serbatoio molto profondo di risparmio degli italiani dal quale attingere.
La Grecia invece si è macchiata con l’onta indelebile del “PSI”, private sector involvement, la perdita di capitale circoscritta agli investitori privati sottoscrittori di titoli di Stato. I titoli di Stato greci in circolazione hanno importi risibili, non hanno liquidità e non vengono scambiati sul mercato secondario.
I titoli di Stato italiani hanno una marcia, vengono acquistati dalla Bce nell’ambito nel programma Pspp (il quantitative easing europeo). I titoli di Stato greci ne sono esclusi per due motivi: hanno un rating a livello speculativo (non-investment grade) senza che il Paese sia assistito da un programma di aiuti esterni con condizionalità. Inoltre la Bce ha già raggiunto per la Grecia il limite massimo consentito dal Pspp del 33% del debito pubblico del Paese emittente.
Anche i rating sovrani dei due Paesi sono andati negli ultimi mesi in direzioni opposte. Moody’s, Fitch e DBRS hanno migliorato l’outlook da negativo a stabile del loro rating sull’Italia (rispettivamente Baa2, BBB+, A low cioè A-). La più severa agenzia di rating S&P’s ha declassato l’Italia alla BBB- lo scorso dicembre ma al tempo stesso ha modificato le prospettive da negative a stabili. La Grecia invece è stata pesantemente retrocessa di recente: S&P’s e Fitch a fine giugno (rispettivamente dalla CCC a CCC- e dalla CCC alla CC) mentre Moody’s e DBRS sono intervenute con i loro tagli nei primi giorni di luglio (rispettivamente da Caa2 a Caa3 e da CCC a CC).
Non da ultimo, il sistema bancario italiano è risultato tra i più solidi durante la crisi dell’euro e del debito sovrano: ora deve risolvere in via definitiva il problema dell’elevato stock dei prestiti in sofferenza.
La Grecia per contro ha già ottenuto dall’Efsf 38 miliardi per ricapitalizzare le banche e adesso il governo Tsipras ne ha indicati altri 25 all’interno della richiesta di un terzo programma di aiuti.