26.01.2015

I cavalieri italiani della finanza globale

  • Il Corriere della Sera
Per il battesimo al quartier generale della Défense bisognerà attendere fino al 19 maggio, giorno dell’assemblea di Société Générale che approverà la nomina di Lorenzo Bini Smaghi a presidente della seconda banca francese. Un incarico di peso per l’economista ed ex membro del board della Bce che ha lasciato nel novembre del 2013. Già, perché SocGen, com’è conosciuta sui mercati finanziari, si trova in un momento delicato. La banca ha dovuto separare i ruoli di amministratore delegato e presidente, prima riuniti sotto il cappello di Frédéric Oudéa, che resta come chief executive officer. La divisione dei ruoli è stata imposta dalle nuove regole di governance che devono rispettare gli istituti di credito soggetti alla supervisione della Bce con l’entrata in funzione dell’Unione bancaria. SocGen ha preparato la svolta già nel maggio scorso, con l’ingresso in consiglio — come amministratore indipendente — dell’economista, per il quale è stato creato l’incarico di vicepresidente. 
Carriere
La scelta di Parigi premia l’esperienza di Bini Smaghi nelle istituzioni di Bruxelles e Francoforte. Il banchiere, 58 anni, affiancherà l’amministratore delegato per svolgere anche il ruolo delicato di rappresentanza nei confronti delle autorità di vigilanza. E Bini Smaghi, ex banchiere centrale, francofono, ha le caratteristiche ideali. Nelle stanze dei bottoni sulla Senna troverà anche il manager di lungo corso Galeazzo Pecori Giraldi, capo globale del private investment banking. Nel giro di nove mesi Bini Smaghi è il secondo banchiere di matrice italiana che trasloca ai vertici di attività strategiche nelle banche internazionali. A maggio è stata la volta dell’ex ministro dell’Economia dell’era Monti, Vittorio Grilli, diventato presidente della divisione corporate e investment bank per Europa, Africa e Medio Oriente (Emea) della banca d’affari Usa JP Morgan. Dodici mesi prima era stato preceduto da Luigi de Vecchi, uno degli italiani più noti della City. De Vecchi è passato in Citigroup come chairman per l’Europa delle attività di corporate e investment banking. Così al blasone di Goldman Sachs e Credit Suisse, de Vecchi ha aggiunto l’ombrello rosso di Citi. Dopo anni nello Square Mile, de Vecchi, romano, ha preso le radici anche in Italia e ora occupa gli uffici milanesi di Citi.
In cabina di regia di Bofa Merrill Lynch, un altro asso sui mercati finanziari, c’è Marco Morelli che è sì a capo dell’Italia ma spazia sul tavolo dei deal planetari con la responsabilità del global corporate e investment banking Emea. A Londra si muove invece Diego De Giorgi che divide con Bob Elfring la guida della divisione Cib per Europa, Medio Oriente e Africa di Bofa Merrill Lynch.
È densa la campagna di ingaggi nell’arena dei top banker italiani che hanno scalato la carriera nelle istituzioni internazionali. La mappa è sempre più articolata e, soprattutto, ha radicalmente cambiato volto rispetto a meno di dieci anni fa quando Mario Draghi e Claudio Costamagna erano al volante di Goldman Sachs. Di quella guardia, sotto le insegne della banca Usa, è diventato ceo del mercato russo il banker Paolo Zannoni.
Percorsi
La generazione che lavora nella finanza è più giovane, ha studiato all’estero e ha forgiato la sua carriera spesso senza passare dall’Italia. È il caso di Alessandro Barnaba, che da Londra condivide la responsabilità della divisione mercati globali, circa 10 miliardi di ricavi nel 2014, in pratica le stanze segrete dell’intermediazione sui mercati internazionali di JP Morgan.
In Credit Suisse, guidata in Italia dal banchiere di lungo corso Federico Imbert (è stato anche il capo di JP Morgan in Italia), lavora Francesco de Ferrari, 42 anni, ex McKinsey. Da Singapore governa l’investment banking dell’area Asia Pacifico. Sempre in quell’area, ma da Pechino, Federico Bazzoni pilota fusioni e acquisizioni di Citic securities dell’omonimo braccio degli investimenti della Repubblica cinese. Ha scovato per la Bright food l’acquisizione dell’olio Sagra. La lista è lunga e include in primo luogo Domenico Siniscalco, dal 2006 in Morgan Stanley, come managing director e in qualità di vicepresidente di MS international. Nella svizzera Ubs c’è Andrea Orcel che condivide la guida dell’investment banking. Ai massimi livelli compare poi Massimo Tosato, vicepresidente esecutivo e membro del board di Schroders.