19.07.2021

Giustizia, trattativa sul filo oggi Draghi vede Conte Letta: “Soluzione possibile”

  • La Repubblica

Sulla giustizia tutto dipende da come andrà oggi l’incontro tra Draghi e Conte. Ma il segretario del Pd Enrico Letta è ottimista e dice che «si troverà una soluzione». Il suo invito, ieri su Repubblica, «a fare qualche piccolo aggiustamento, rispettando i tempi stretti chiesti dal governo sulla riforma», si è tradotto subito in una possibile modifica proposta dal suo partito. In una domenica tutta in famiglia, in cui la Guardasigilli Marta Cartabia si chiude nel riserbo, però una cosa è certa: dopo la sua lunga mediazione con M5S, e dopo il voto a palazzo Chigi in cui lo stesso M5S ha dato il via libera, non si può riaprire il dossier.Fatto sta che il Pd vede un varco. Franco Vazio, avvocato genovese e relatore del ddl, una soluzione ce l’ha. Premette che «non è intenzione del Pd snaturare in alcun modo la riforma, ma se un processo è complesso, lo è a prescindere dai reati giudicati». L’ipotesi è cancellare, all’articolo 14, la lista dei reati per lasciare al giudice la possibilità di valutare se, per numero degli imputati e complessità dei reati, il processo deve durare tre, anziché due anni. Un esempio? La bancarotta, reato che non c’è nel testo Cartabia, potrebbe richiedere più tempo perché «con 70 imputati non è certo meno complessa di una concussione con 3 imputati«.Ma che dice M5S? Sarebbe accettabile? Neppure a parlarne. Eugenio Saitta, capogruppo M5S in commissione, dice «due o tre anni per l’Appello sono un tempo troppo a rischio soprattutto per i reati di mafia ». Un’alternativa? Abolire il divieto della “reformatio in pejus” per cui l’imputato che fa appello non può essere condannato a una pena maggiore di quella che ha ricevuto in primo grado. Ma M5S insiste soprattutto sui tempi troppo stretti imposti da Draghi per discutere la riforma. Saitta: «Solo due giorni in commissione? Sono davvero troppo pochi».L’ipotesi del Pd non piace ai magistrati che giudicano i tempi troppo stretti, e rilanciano sulla necessità di cambiare il momento da cui si calcolano quelli dell’appello, non quando l’imputato lo presenta, ma quando viene emesso il decreto di citazione in giudizio delle parti. Il che farebbe una differenza enorme. Ma è a destra che l’ipotesi del Pd viene bocciata. Pierantonio Zanettin, capogruppo di Fi in commissione, è netto: «Non ho letto l’emendamento, ma non si può lasciare al giudice la possibilità di scegliere, si scatenerebbe il caos perché ognuno si regolerebbe come gli pare». E comunque Fi boccia «gli accordi separati tra Pd e M5S ai danni del principio garantista della ragionevole durata dei processi». Chiusura netta da Enrico Costa di Azione che martella un Pd che «non vuole scontentare M5S« e ironizza su «un’improbabile proposta per vedere Conte sorridere». Da ex forzista Costa ricorda bene i tempi del “processo breve”, e quella del Pd sarebbe proprio «la stessa proposta di Berlusconi a cui il Pd si era fermamente opposto «.E la Lega? Mentre Salvini vanta di aver raccolto già 300mila firme per i referendum sulla giustizia, sulla riforma la linea è netta, dettata dalla responsabile Giustizia Giulia Bongiorno, «nessuna melina», nessun rinvio, proprio come vuole Draghi. E un no netto a qualsiasi ipotesi che possa suonare come un ritorno alla legge Bonafede sulla prescrizione «con gli imputati ostaggio all’infinito ».©RIPRODUZIONE RISERVATA