10.11.2025

Geopolitica. Grandi intese per ENI, FS, Leonardo l’unione (con l’estero) fa la forza

  • Il Corriere della Sera

Per un grande gruppo internazionale dotarsi di una visione geopolitica si direbbe automatico. Eppure, a partire dal 1980, quando cadde il Muro di Berlino e si dissolse l’assetto bipolare mondiale, in piena globalizzazione, abbiamo vissuto nell’illusione che si potesse farne a meno, e che il mondo fosse un grande foglio bianco da riempire di opportunità. A riportarci alla realtà sono stati numerosi fattori negli ultimi anni: la pandemia, la guerra in Ucraina, quella in Palestina, le nuove mire imperialiste di Usa e Cina, tornati nemici, la corsa alle terre rare che disegna una nuova mappa dei tesori.

«La geopolitica conta. Contava dieci anni fa anche se si preferiva fare finta di niente. E conta oggi dopo che “Trump è sembrato dare la sveglia a tutti”» ha scritto Daniele Manca nella sua intervista all’ad di Eni, Claudio Descalzi. Un manager che, per il business che gestisce da più di dieci anni, ha sempre dovuto fare i conti con decisioni destinate a produrre effetti nel lungo periodo, mentre intorno il mondo cambiava alla velocità che conosciamo.

Ma quante grandi aziende italiane possono dire di aver attuato scelte geopolitiche di successo, soprattutto non godendo della continuità del mandato di Descalzi?Il metodo dei satelliti

C’è merito e metodo nella strategia di Eni. Il metodo è quello dei satelliti: «Per crescere — ha spiegato Descalzi al Corriere — puoi comprare altre aziende, come hanno fatto in tanti, magari scambiandosi azioni, carta su carta. Oppure fare come noi che, essendo tra i pochi al mondo capaci di esplorare e trovare nuovi giacimenti e risorse, li valorizziamo facendoli diventare valuta di scambio». Un metodo che parte dal basso, dalla esplorazione delle risorse e delle tecnologie più adatte a produrre valore.

È successo con l’ultimo accordo annunciato, quello con Petronas, per la creazione di una newco paritetica, finanziariamente indipendente, alla quale saranno conferiti i complessivi 19 asset, detenuti dai due contraenti, nei due Paesi asiatici, Malesia e Indonesia. Obiettivo: produrre circa tre miliardi di barili di olio equivalente (boe) di riserve già scoperte, avendo un potenziale esplorativo fino a circa dieci miliardi di barili.

«Il quadro mondiale è di instabilità. È indubbio — ammette Descalzi —. Ma per questo ti devi dare strategie che tendano a dare stabilità». In questo caso il merito della strategia di Eni è stato credere che il carbone, prima fonte di energia al mondo, probabilmente lo sarebbe stata ancora a lungo. E che il gas avrebbe continuato a avere un ruolo, perché «la transizione non è come accendere e spegnere un interruttore ma un processo lungo». Nello specifico la scelta della newco in Asia poi è stata dettata dalla «scommessa» che l’aumento della domanda mondiale di gas sarà guidato dai mercati asiatici, che dovranno rimpiazzare il carbone.Il crocevia di reti

Per le Ferrovie dello Stato italiane perseguire un obiettivo geopolitico, come quello dell’espansione della rete in Europa, è stato un disegno che, per potersi realizzare, ha dovuto aspettare la progressiva apertura dei mercati, che è andata molto a rilento, per il protezionismo di Stati forti, come la Francia. Tuttavia di espansione si comincia a parlare con basi più solide con l’avvio dell’Alta velocità nazionale: un successo tutto italiano, completato dall’ad Mauro Moretti nel 2009, con la linea Torino-Salerno. Dal 2014 a oggi sono stati cinque i successori, nessuno dei quali ha interrotto la linea strategica dell’espansione europea, e non solo. È uno degli obiettivi dichiarati anche dall’attuale ad di Fs, Stefano Donnarumma. Il quale, potendosi avvalere degli oltre 16 miliardi di investimenti previsti nel piano industriale 2024–2032, intende posizionare Fs come uno dei principali operatori continentali della mobilità integrata, essendo già presente in undici Paesi europei.

Appena pochi giorni fa, Donnarumma ha messo nel mirino la Germania dell’Alta velocità, in un’intervista concessa al quotidiano economico tedesco Handelsblatt. Obiettivo: un treno transfrontaliero competitivo con l’aereo tra Milano e Monaco di Baviera già a fine 2026. Estendibile nel tempo fino a Berlino, integrando le infrastrutture italiane dell’Alta velocità con la rete tedesca. Il confronto con le istituzioni governative è già avviato, ma c’è da creare anche una continuità operativa tra i due sistemi. In Germania Fs è già presente con Netinera, operativa nel trasporto regionale passeggeri (350 treni) e Tx Logistik, che si occupa delle merci su rotaia.

Fs — attualmente presente in Spagna, dove le Frecce collegano le città principali, in Francia con Trenitalia France, in Olanda con gli autobus di Qbuzz, in Grecia con Hellenic Train — ha trovato invece uno scoglio insuperabile nel neonazionalismo del premier britannico Keir Starmer. Il quale, sebbene in UK sia in corso una rinazionalizzazione della rete con ritiro delle licenze (compresa quella concessa a Fs per la tratta Londra-Glasgow nel 2019), ha aperto alla concorrenza, a partire dal 2030, l’Alta velocità Londra-Parigi, finora monopolio di Eurostar della compagnia belga Thalys.

Ma sulla gara, cui Fs ha partecipato con ottime prospettive, è piombato il miliardario sir Richard Branson che, con la sua Virgin Trains, pur inattiva da più di cinque anni, si è imposto promettendo un collegamento Manchester-Parigi e 12 nuovi treni Alstom. Un esempio di come la geopolitica oggi debba fare i conti con politiche restrittive della concorrenza.Le alleanze spaziali

Un gruppo come Leonardo non può che perseguire da sempre una strategia di alleanze e intese, ma se il multilateralismo una volta offriva una scelta più vasta, da quando gli scenari di guerra si sono risvegliati la navigazione si è fatta più difficile. Al timone intanto è arrivato Stefano Cingolani che ha fatto dello sviluppo di accordi, all’insegna della migliore tecnologia, il suo mantra.

Quello più recente, raggiunto fra Airbus, Thales e Leonardo, mira a integrarne le attività nel campo dei satelliti e dei servizi spaziali, costituendo una nuova società.

La mossa è l’ultima di una serie di grande peso, come la firma della joint venture con la tedesca Rheinmetall, produttrice di mezzi pesanti, che sta già dando i suoi frutti. Idem per la joint venture con la turca Baycar, prima esportatrice di droni al mondo. Oppure per il consorzio Gcap, con Uk e Giappone, nato per fornire un sistema avanzato di sensoristica e comunicazioni di nuova generazione, solo per citare i principali.