Il braccio di ferro tra procura di Torino e di Milano sull’inchiesta che ha coinvolto l’intera famiglia Ligresti, e Fondiaria Sai, sul falso in bilancio del 2010, si è chiuso ieri con una sentenza inattesa e opposta rispetto a quella di Milano del 17 dicembre 2015. Allora furono tutti assolti, compreso il figlio di Salvatore Paolo Gioacchino Ligresti per gli stessi fatti (Giulia aveva patteggiato poco dopo l’arresto 2 anni e 8 mesi). Ieri la Corte di Torino, presieduta dal giudice Giorgio Gianetti, ha ribaltato il verdetto, sempre in primo grado ma nel processo principale, condannando per falso in bilancio e manipolazione dei mercati, Salvatore Ligresti, il patron della compagnia assicurativa, a 6 anni di carcere e un milione 200 mila euro di multa, la figlia Jonella a 5 anni e otto mesi e 1 milione di multa, l’ex amministratore delegato Fausto Marchionni a 5 anni e 3 mesi, e a 700 mila euro di multa, il revisore dei conti Riccardo Ottaviani a 2 anni e 6 mesi. Immediata la reazione degli avvocati di padre e figlia Ligresti. «In Italia c’è una giurisdizione dimezzata e opposta – hanno commentato i legali di Jonella, Lucio Lucia e Salvatore Scuto – a Torino dicono che questi fatti costituiscono reato, a Milano dicono il contrario, che non sussistono ». «Aspettiamo di leggere le motivazioni – ha detto l’avvocato Gianluigi Tizzoni che assiste Salvatore – ma siamo perplessi: il cuore di questo processo è nelle opposte consulenze di accusa e difesa, che propongono interpretazioni diverse. Dopo che Milano ha accolto la nostra tesi ci aspettavamo che Torino disponesse almeno una consulenza d’ufficio».
«Un fatto di gravità eccezionale» l’aveva definito nella requisitoria il pm, Marco Gianoglio, che ha condotto l’indagine insieme alla Guardia di finanza di Torino: la sottovalutazione delle «riserve sinistri» permise ai Ligresti di intascare dividendi illeciti danneggiando gli azionisti per 250 milioni di euro. Circa tremila parti civili (fra cui Consob, Unicredit e un esercito di piccoli investitori) hanno ottenuto ieri il diritto a essere risarciti, con cifre che saranno stabilite dal tribunale civile, e il rimborso delle spese legali. Fra i responsabili civili chiamati in causa ci sono UnipolSai e Reconta Ernst&Young. Assolti perché il fatto non costituisce reato Antonio Talarico, ex vicepresidente, e il revisore dei conti Ambrogio Virgilio.
Ottavia Giustetti