22.10.2024

Fondo Pmi, verso la proroga delle garanzie

  • Il Sole 24 Ore

Lo schema di garanzia del fondo per le Pmi, controllato da Mcc guidato da Francesco Minotti, sarà prorogato con l’assetto e le coperture in essere nel 2024. Il governo è al lavoro per garantire la quota di risorse pubbliche che ancora manca per la copertura del fabbisogno previsto nel 2025. Un fabbisogno che comunque è in progressivo calo rispetto al picco dell’operatività raggiunta durante l’emergenza pandemica: a giugno 2022 i finanziamenti garantiti avevano raggiunto quota 253 miliardi a fronte di 200 miliardi di coperture pubbliche.

Le modalità di funzionamento del fondo sono state riviste già dallo scorso anno, riducendo le percentuali di copertura (soprattutto per i prestiti per la liquidità) ed escludendo le sole aziende appartenenti alla fascia di rating più bassa. A fine settembre i finanziamenti garantiti in essere (quindi lo stock complessivo) erano pari a 175 miliardi, (in diminuzione di 7 miliardi rispetto al dato di fine giugno) per un ammontare garantito di circa 139 miliardi. I prestiti erogati durante l’emergenza pandemica e la crisi energetica si sono più che dimezzati: si sono ridotti da 253 a 95 miliardi (l’ammontare garantito è poco superiore a 80 miliardi). I prestiti considerati più rischiosi, gli importi da 30 mila euro garantiti fino al 100%, sono passati da 23 miliardi a 14 miliardi nel giugno scorso, per scendere a 12 miliardi a fine settembre. Le escussioni delle garanzie, quindi la quota che le banche si sono fatte pagare dallo Stato a fronte dei finanziamenti non rimborsati, è stata pari a 4 miliardi a fine settembre.

L’attesa è che sulle garanzie date durante l’emergenza possano esserci ulteriori 2,3 miliardi che verranno escussi: in tutto poco oltre 6 miliardi su un totale 200 miliardi di garanzie, con un tasso di deterioramento del 3%, in linea con l’entità dei prestiti deteriorati delle banche. Si tratta di una perdita già coperta e che non avrà ulteriori effetti sulla finanza pubblica. Rispetto a quei 6 miliardi ci sarà una quota di almeno un miliardo che hanno perso le banche, perché fuori dalla garanzia.

La rischiosità delle operazioni fatte durante l’emergenza, in ogni caso, si è rivelata più bassa del previsto, tanto che gli accantonamenti a riserva fatti nel periodo 2020-2022 a fronte delle garanzie si sono rivelati ridondanti. Di conseguenza, oggi, vengono liberate parte di quelle risorse per rifinanziare il funzionamento del fondo nel 2025, un costo che si aggira attorno a 2,5 miliardi. Rispetto alle risorse reperite dal fondo mancano circa 200 milioni, che dovrebbero essere stanziati con un emendamento alla manovra.

Ma perché è importante garantire continuità a questo strumento? Negli ultimi anni la situazione economica e la regolazione sempre più stringente per le banche stanno rendendo l’accesso al credito per le Pmi sempre più difficile. Non è tanto la sostenibilità del business dell’impresa a non renderla finanziabile; sono piuttosto i crescenti costi necessari per allinearsi a nuove regole, adempimenti, disclosure dei dati, a complicare la vita dell’imprenditore, da una parte. Dall’altra le banche sono state costrette ad aumentare gli accantonamenti patrimoniali per fare fronte a vari rischi. Le garanzie pubbliche hanno il vantaggio di ridurre l’entità del capitale da accantonare a fronte di un nuovo finanziamento; dall’altra rendono meno costoso per una piccola impresa l’accesso al credito, la quale in questo modo può avere risorse da destinare ai costi per allinearsi a tutti gli adempimenti di compliance.

Questo quadro aiuta a capire perché l’incidenza delle garanzie pubbliche sull’ammontare complessivo dei prestiti del mondo bancario sia passata dal 6% del 2019 al oltre il 30% nella fase emergenziale e si sia stabilizzata oggi a una soglia attorno al 28 per cento. Questa percentuale, però, sale in modo importante se si esclude la fascia delle imprese più grandi: per la platea delle imprese piccole l’incidenza delle garanzie sui prestiti totali erogati dalle banche sale al 60 per cento.

Lo strumento messo in campo per il Covid ha dimostrato di funzionare: le imprese stanno rimborsando i fondi; lo strumento è flessibile, perché può essere potenziato durante le emergenze e fornire la linfa vitale della liquidità al tessuto economico del paese necessaria alla sopravvivenza. Nella fase di normalità, con maglie molto più ristrette, può comunque dare il supporto necessario a banche e imprese per non vedere il loro business strozzato dalle regole. Certo, c’è un utilizzo di finanza pubblica, ma molto inferiore di quella che sarebbe necessaria se il sistema saltasse o l’economia finisse in recessione perché le aziende non hanno credito. Lo strumento in futuro potrebbe essere rimodulato su una scadenza pluriennale (per evitare le proroghe annuali) riducendo ulteriormente coperture e magari essere rivisto e aggiornato a scadenze pluriennali prevedibili.