Ieri Rice ha spiegato che per l’Italia «l’attuazione delle riforme resta la chiave per il ritorno alla sostenibilità e alla crescita». Un suggerimento, nemmeno troppo indiretto, al nuovo Governo a concentrare l’attenzione non tanto sulla legislazione ma, appunto, sull’implementazione delle tante misure varate negli ultimi anni, che già avevano a loro tempo incassato il consenso del Fmi, che non sono in contrasto con le nuove linee di policy annunciate ma che, purtroppo, non sono mai state attuate. Il lascito complessivo dei governi Monti e Letta all’esecutivo guidato da Matteo Renzi conta 513 decreti attuativi ancora da adottare per rendere pienamente efficaci le riforme per il rilancio dell’economia varate negli ultimi due anni (si veda altro articolo a pagina 2).
Rispondendo alle domande dei cronisti il direttore della comunicazione del Fondo ha fatto solo una considerazione sulle condizioni macro della Penisola parlando dell’alta disoccupazione: «È ovviamente un problema pressante» e «le riforme del mercato del lavoro sono la chiave di volta, soprattutto la flessibilità nei contratti». Considerazioni che confermano la prospettiva di policy più sostenuta dal Fondo e che guarda al lato dell’offerta per tentare un recupero della produttività dei fattori oltreché dell’occupazione complessiva.
Gli ultimi dati sul mercato del lavoro italiano sono contenuti nelle previsioni d’inverno della Commissione europea, secondo cui la crescita in Italia quest’anno sarà appena dello 0,6% (rispetto allo 0,7% stimato in novembre). Il tasso di disoccupazione è previsto a quota 12,6% quest’anno e 12,4% l’anno prossimo. Identica la stima del Fmi: l’Italia tornerà a crescere quest’anno dello 0,6% per poi accelerare nel 2015 al +1,1%. La ripresa arriva in un contesto europeo in recupero: l’area euro sta voltando pagina. «La ripresa di Eurolandia è reale ma debole e servono ulteriori azioni per rafforzare la crescita e la creazione di lavoro» ha commentato Reza Moghadam, numero uno del Dipartimento europeo del Fmi.