La comunicazione dei beni ai soci. Come noto, l’adempimento legato alla comunicazione è stato spostato in termini di scadenza dal 2 aprile al 15 ottobre prossimo considerate le innumerevoli perplessità suscitate in sede di prima applicazione delle nuove regole. Ciò posto, il reale problema è comprendere se le indicazioni fornite dall’amministrazione finanziaria siano realmente in linea con il dettato normativo e con il contenuto del provvedimento che disciplina l’obbligo di comunicazione alla luce, invece, di quanto affermato nella prassi. Apparirebbe logico, in prima battuta, sostenere che l’obbligo in questione gravi in relazione a quelle posizioni nelle quali a fronte del finanziamento del socio vi sia un bene utilizzato dal socio medesimo e non nella ipotesi in cui vi sia invece un mero finanziamento erogato magari da molti anni.
Le indicazioni dell’amministrazione finanziaria. La circolare dell’Agenzia delle entrate, invece, si muove su una linea interpretativa completamente differente. Infatti, viene affermato:
– I finanziamenti e i versamenti effettuati o ricevuti dai soci vanno comunicati, per l’intero ammontare, indipendentemente dal fatto che tali operazioni siano strumentali alla acquisizione dei beni concessi poi in godimento ai soci. Quindi, l’obbligo di comunicazione è un obbligo del tutto slegato, secondo l’Agenzia delle entrate, dalla vicenda successiva legata alla fruizione da parte di un socio di un bene in qualche modo riferibile alla società. Da questo sorge l’obbligo di comunicazione a prescindere;
– Per i finanziamenti e i versamenti effettuati o ricevuti dai soci, così come per ogni altro bene concesso in godimento, vanno comunicati anzitutto i flussi concretizzati nel corso del periodo di imposta 2011. In sede di prima applicazione della norma, vanno altresì comunicati i finanziamenti e i versamenti che, pur realizzati in precedenti periodi di imposta, risultano ancora in essere nel periodo di imposta in corso al 17 settembre 2011.
La logica della interpretazione resa dall’amministrazione finanziaria è estremamente chiara, nel senso che l’Agenzia delle entrate ha come obiettivo quello di quantificare la posizione reddituale di quelle persone fisiche che, mediante l’afflusso di somme nelle società da loro partecipate, manifestano appunto una capacità contributiva superiore a quella che appare dalla dichiarazione dei redditi. Se l’obiettivo può anche essere condiviso quello che lascia perplessi è che questo obiettivo venga perseguito richiedendo notizie ai contribuenti anche in relazione a periodi di imposta che, in termini di accertamento, sono ampiamente prescritti. Infatti, nel momento in cui si afferma che nella comunicazione devono essere indicati anche i finanziamenti e i versamenti in essere alla data del 17 settembre 2011 ma effettuati prima, si dà atto che un afflusso di denaro effettuato 20 anni fa può interessare all’amministrazione finanziaria.
Obiettivamente questo pare eccessivo, soprattutto perché tale aspetto non ha alcun tipo di rapporto con i periodi di imposta ancora accertabili. Da un lato sembra quasi che l’amministrazione finanziaria, molto criticata in un momento immediatamente successivo allo svolgimento degli incontri alla luce delle risposte rese, abbia voluto riaffermare il proprio punto di vista pur avendo avuto sei mesi di tempo per conclusioni più meditate. Se infatti è del tutto logico e corretto trovare strumenti per quantificare correttamente il reddito prodotto dalle persone fisiche, in molti casi questa quantificazione non può avvenire mediante una richiesta di dati che non appaiono in linea con il tenore letterale di una norma e anche di un provvedimento messo a punto dalla stessa amministrazione finanziaria e non da un’altra amministrazione. È dunque auspicabile che, sino al momento della scadenza del termine per l’invio della comunicazione, l’amministrazione finanziaria riesca a raggiungere una posizione più equilibrata e in linea con le disposizioni di legge.