28.06.2022

Finanza, industria, immobili: un impero che vale 80 miliardi

  • Il Sole 24 Ore

Un patrimonio personale di quasi 30 miliardi che regge un impero fatto di finanza, industria e immobili per un valore complessivo di 80 miliardi. Leonardo Del Vecchio lascia una eredità importante, costruita nel corso della sua storia imprenditoriale con una strategia che lo ha visto raramente socio di minoranza e molto più spesso titolare di posizioni di spicco. La successione che si apre nel cuore dell’impero, nella lussemburghese Delfin, rappresenta così il passaggio più delicato: tecnicamente la nuova guida del sistema che ruota intorno a Delfin è stata già individuata da tempo in Francesco Milleri, fedelissimo del patron di Agordo e in prima linea nella gestione delle partite più delicate. Nei fatti, però, i nuovi assetti di Delfin, con l’ingresso effettivo della numerosa prole del fondatore, sono ancora tutti da verificare così come la reale intenzione degli eredi di far parte di un nuovo progetto industriale nel lungo periodo. Punto di partenza per capire la complessità del processo che si apre con la scomparsa dell’imprenditore è l’assetto di Delfin e la rete di partecipazioni che fanno capo al Granducato dove spicca la quota di controllo nel gigante degli occhiali Essilor Luxottica.

Un impero da 80 miliardi

Sotto la regia e i preziosi consigli dell’avvocato Sergio Erede, mente legale degli assetti di controllo di Delfin, e con la presenza costante di Francesco Milleri al suo fianco, nelle partite industriali e finanziarie più recenti, Leonardo Del Vecchio negli ultimi anni è riuscito a centrare tutti gli obiettivi prefissati. Motivo di orgoglio dell’imprenditore di Agordo è stata la creazione di un colosso come EssilorLuxottica, con una capitalizzazione di 65,7 miliardi, ma seguita da lui da vicino anche dopo il trasloco effettivo a Parigi. Un percorso che si è completato solo di recente con Delfin che si è riappropriata del ruolo di primo azionista di Essilux con il 32% e con esso della maggioranza del consiglio di amministrazione, dopo una convivenza a tratti complessa con i partner francesi e poi rientrata alla vigilia della chiusura dei patti paritetici tra le due anime del gruppo. Vicino allo storico business degli occhiali compaiono poi la francese Covivio, braccio immobiliare da 5,3 miliardi di capitalizzazione, quotato a Milano e Parigi, di cui Delfin detiene il 26% e la recente Fondazione, protagonista in passato della mancata conquista dello Ieo, forse uno dei progetti più cari all’imprenditore di Agordo, che vale circa un miliardo. Il valore dei gruppi da lui controllati, dunque, vale oggi qualcosa come 72 miliardi di euro. Una base di partenza che in teoria arriva a 80 miliardi se si tiene conto che la Delfin è diventata il primo socio di Mediobanca con una quota del 20%, pur in questo caso ricoprendo il solo ruolo di investitore finanziario. Una scalata, quella a piazzetta Cuccia, partita tre anni fa con l’ingresso di Delfin nel capitale della banca con il 7% e che è andata avanti parallemente al rafforzamento nelle Generali dove a suon di acquisti Delfin è riuscita a costruire una posizione del 10% circa. Completa il portafoglio finanziario la storica quota dell’1,9% in Unicredit.

Se gli assetti in Francia, dove ha sede il quartier generale di Essilor Luxottica, sembrano allo stato attuale blindati con la guida saldamente in mano all’amministratore delegato Milleri, nel dopo-Del Vecchio sarà tutto da verificare la posizione del successore, Milleri appunto, e della dinastia sulle due partite finanziarie più delicate, ossia Mediobanca e Generali. Una strategia che si deciderà in Delfin, protagonista di un riassetto figlio della successione ai nastri di partenza.

La successione in Delfin

Negli ultimi anni Del Vecchio, insieme a Erede, aveva già predisposto tutto per il passaggio di consegne, dall’individuazione del management e del board di Delfin fino alla perfetta divisione dei ruoli tra la proprietà, rappresentata dalla famiglia, e la gestione delle partecipazioni. Convolato a nozze tre volte (di cui due con la stessa moglie), l’imprenditore lascia sei figli: Claudio, Marisa, Paola (avuti dal primo matrimonio con Luciana Nervo), Leonardo Maria (dall’attuale moglie Nicoletta Zampillo che ha sposato nel 1997 e, dopo il divorzio del 2000, ha risposato nel 2010), Luca e Clemente (nati nel 2001 e nel 2004 e avuti dalla ex-compagna Sabina Grossi). I sei figli di Del Vecchio ereditano la proprietà del 12,5% del capitale della finanziaria Delfin in piena proprietà, mentre la moglie Nicoletta Zampillo il 25%, diventando la prima azionista della finanziaria. Lo statuto blinda però gli assetti di governance già a monte: è previsto che ogni decisione venga presa con una maggioranza dell’88%. In pratica l’unanimità. Nel board di Delfin, formato da cinque membri (Mario Notari, Romolo Bardin, Aloyse May e Giovanni Giallombardo) al posto di Del Vecchio entrerà Milleri con i pieni poteri del fondatore. Non avrà azioni, ma il delicato ruolo, tracciato con largo anticipo, di traghettare la finanziaria in una fase di transizione assai delicata. Toccherà infatti al board, in modo collegiale, decidere le strategie e la governance per le partecipate. Ma soprattutto, lo status di amministratori di Delfin, secondo lo statuto, sarà a vita. La famiglia, dunque, resta ai margini della strategia gestionale, ma anche qui, negli assetti della dinastia bisognerà capire se il libro soci resterà quello attuale o alcuni rami decideranno di essere liquidati.