Si vedrà prestissimo. Ma se la “Google by Chrysler”, con Auburn Hills fornitore delle prime auto per Mountain View, è un capitolo ancora alle battute d’avvio, tutt’altra storia ovviamente si scrive nel frattempo a Maranello. È un eufemismo dire che a Marchionne brucino le performance in Formula Uno. La Borsa però non sembra farci caso, e scommette fin dalla mattinata sulle performance trimestrali che il board approverà nel primo pomeriggio (stesso trend per Fca, che chiude il mese di aprile con vendite in aumento del 12,5% contro l’11,53% del mercato). Sono, di nuovo, i migliori risultati di sempre: 675 milioni di ricavi (+15%), con un margine operativo di 121 (+21%) e un utile netto di 78 (+13%). Ne discende il ritocco al rialzo delle previsioni per fine anno: le Ferrari vendute potrebbero toccare quota 8 mila, con ricavi intorno ai 3 miliardi, margine operativo di almeno 800 milioni, indebitamento netto industriale in ulteriore discesa a quota 730 milioni. Proprio per rendere più evidente la differenza tra debiti industriali e finanziamenti alla clientela (che fanno salire a 1,879 miliardi l’indebitamento netto di gruppo), Maranello “separa” gli uni dagli altri, cedendo di fatto i secondi a Fca Bank (joint venture tra Fca e Crédit Agricole).
Nell’aria da mesi, invece, l’altro annuncio arrivato dal gruppo. Amedeo Felisa, vicino al settantesimo compleanno, resta nel board come consigliere tecnico ma lascia la carica di amministratore delegato. Scontato che passasse a Marchionne: in Ferrari, come in Fiat Chrysler, resterà fino al 2018. Poi, a piani industriali completati e alleanze (per Fca) probabilmente chiuse, ci sarà il tempo per decidere e ridisegnare (o solo rivalutare) ruoli.
Raffaella Polato