Dalla Cassazione arriva la guida al ricorso di legittimità dopo il decreto sviluppo, che ha modificato il numero 5) dell’articolo 360 Cpc. Chi denuncia al Palazzaccio l’omesso esame di un «fatto decisivo» deve indicare: il «fatto storico» che si ritiene non sia stato esaminato; il «dato», testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza; il «come» e il «quando» nel quadro processuale la circostanza che si assume pretermessa sia stata oggetto di discussione tra le parti; la relativa «decisività» ai fini della sentenza. Il tutto nel rigoroso rispetto delle previsione ex articoli 366, primo comma, n. 6) e 369, secondo comma, n. 4) Cpc. Lo chiariscono le Sezioni unite civili con una vera e propria sentenza-manifesto, la 19881/14, sulla riformulazione della norma introdotta dall’articolo 54, del decreto legge 83/2012, convertito con modificazioni, dalla legge 134/12.
Elementi insufficienti
Sono gli stessi «ermellini» a spiegare come è cambiato il ricorso per cassazione dopo il decreto sviluppo.
Il nuovo testo del numero 5) dell’articolo 360 Cpc introduce nell’ordinamento un vizio ad hoc della sentenza: riguarda il mancato esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che ha sì costituito oggetto di discussione tra le parti, ma non è stato preso in considerazione nella sua natura dirimente, tanto che altrimenti avrebbe determinato un esito diverso della controversia.
E attenzione: il fatto che alcuni elementi istruttori non siano stati esaminati dal giudice del merito non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, laddove il fatto storico rilevante per la causa risulta comunque preso in considerazione dal giudice, anche se la sentenza non ha poi dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Vizio radicale
In sintesi: la riforma del 2012 ha l’effetto di limitare il sindacato della Suprema corte sul vizio di motivazione alle sole fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge. E ciò accade soltanto quando il vizio di motivazione risulta così radicale da comportare la nullità della sentenza «per mancanza di motivazione» con riferimento a quanto previsto dall’articolo 132, n. 4, Cpc.