04.03.2019

Esenzioni Imu, conta la dimora

  • Italia Oggi

Moglie e marito non separati legalmente non hanno diritto a fruire dell’esenzione dalle imposte locali sull’abitazione principale. Non basta avere la residenza nella prima casa per avere diritto all’esenzione. La dimora è un requisito essenziale. Pertanto, se i coniugi non dimorano nello stesso immobile viene meno il presupposto per fruire del beneficio fiscale. È quanto ha affermato la Corte di cassazione, con l’ordinanza 5314 del 22 febbraio 2019.Per i giudici di piazza Cavour, «un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari». Il trattamento agevolato non può essere riconosciuto qualora questo «requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente e invece difetti nei familiari». Marito e moglie non possono dimorare abitualmente in due immobili diversi, se non sono separati legalmente. Con l’ordinanza 12050/2018 aveva già chiarito che nessuno dei coniugi ha diritto a fruire dell’esenzione Ici, in assenza della destinazione dell’immobile a dimora abituale della famiglia. Sulla questione, però, si sono espressi in maniera diversa giudici di legittimità e di merito. Per esempio, la commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, quarta sezione, con la sentenza 692/2017, ha stabilito che se uno dei coniugi risiede per motivi di lavoro in un comune diverso da quello in cui dimorano i propri familiari, non perde il diritto all’esenzione Ici per l’immobile adibito ad abitazione principale. Gli impegni di lavoro, infatti, giustificano una frattura della convivenza abituale all’interno della stessa casa, ma non fanno venir meno la destinazione ad abitazione principale della famiglia dell’unità immobiliare.

L’esenzione Ici e Imu. L’articolo 8 decreto legislativo 504/1992, che disciplinava l’esenzione Ici, riconosceva l’esenzione per l’immobile adibito a dimora del contribuente e dei suoi familiari. Anche per l’Imu il legislatore richiede il doppio requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale ancorché, con una formulazione letterale infelice, sembra riconoscere il beneficio a entrambi i coniugi nel caso in cui i due immobili siano ubicati in comuni diversi. Interpretazione alquanto discutibile, atteso che anche per l’Imu è richiesto che l’immobile costituisca la dimora abituale del nucleo familiare. In base a quanto disposto dall’articolo 13 del dl 201/2011, per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Tuttavia, nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano fissato la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile. Ecco perché si ritiene che se gli immobili sono ubicati in comuni diversi, non sussiste alcun impedimento a fruire dell’esenzione per entrambi i coniugi.

In presenza delle condizioni di legge gli immobili adibiti ad abitazione principale sono esenti, tranne quelli iscritti nella categorie catastali A1, A8 e A9, vale a dire immobili di lusso, ville e castelli, per i quali il trattamento agevolato è limitato all’aliquota e alla detrazione. Sono esenti anche le pertinenze dell’abitazione principale, classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di una per ciascuna categoria, anche se iscritte in catasto unitamente all’immobile adibito ad abitazione.

L’utilizzo di diversi immobili come prima casa. Dibattuta è anche la questione dell’utilizzo di più immobili come abitazione principale. La Commissione tributaria regionale di Roma (sentenza 2830/2018) ha stabilito che i contribuenti che intendono fruire dell’esenzione per l’abitazione principale devono presentare al comune un’apposita dichiarazione se utilizzano due o più immobili come unica unità immobiliare destinata a prima casa, per consentire all’ente di poter controllare la sussistenza dei requisiti. Per il giudice d’appello, «è da accogliere l’eccezione del comune secondo cui il ricorrente, al fine di beneficiare di tale esenzione per i due appartamenti, che avrebbero dovuto costituire un’unica un’unità immobiliare, doveva fame apposita richiesta con variazione della dichiarazione, al fine di consentire i controlli per la verifica dei requisiti previsti».

In ordine alla spettanza dei benefici fiscali c’è stata una differente presa di posizione tra Cassazione e Ministero dell’economia e delle finanze sull’utilizzo di due o più immobili come unica unità immobiliare destinata ad abitazione principale. Il problema si è posto per l’Ici e si pone per l’Imu. Il Ministero ha sostenuto che l’esenzione può essere riconosciuta solo per un immobile. Secondo la Cassazione (sentenze 25902/2008; 3339 e 12269/2010), invece, quello che conta è l’effettiva utilizzazione come abitazione principale dell’immobile complessivamente considerato, a prescindere dal numero delle unità catastali. Non importa, peraltro, che gli immobili distintamente iscritti in catasto siano di proprietà non di un solo coniuge ma di ciascuno dei due in regime di separazione dei beni. A patto che «il derivato complesso abitativo utilizzato non trascenda la categoria catastale delle unità che lo compongono». Per i giudici di legittimità, un’interpretazione contraria non sarebbe rispettosa della finalità legislativa di ridurre il carico Ici sugli immobili adibiti a «prima casa», confermata dalla previsione dell’esenzione totale dal 2008. Non c’è alcun motivo per ritenere che la stessa regola non sia applicabile all’Imu.

La tesi della Cassazione, però, contrasta con quanto sostenuto dal Ministero dell’economia (risoluzione 6/2002), il quale ha precisato che due o più unità immobiliari vanno singolarmente e separatamente soggette a imposizione, «ciascuna per la propria rendita». Dunque, solo una può essere considerata ai fini Ici come abitazione principale. L’interessato dovrebbe richiedere l’accatastamento unitario degli immobili, presentando all’ente una denuncia di variazione. Allo stesso modo si è espresso con la circolare 3/2012 per limitare l’esenzione Imu. Dalla formulazione letterale della norma di legge (articolo 13 dl 201/2011) emergerebbe che l’abitazione principale deve essere costituita da una sola unità immobiliare iscritta o iscrivibile in catasto, a prescindere dalla circostanza che, di fatto, venga utilizzato più di un fabbricato distintamente iscritto in catasto. In questo caso le singole unità immobiliari dovrebbero essere assoggettate separatamente a imposizione, ciascuna per la propria rendita. L’interessato può scegliere quale destinare ad abitazione principale. Secondo il Ministero, le altre unità immobiliari «vanno considerate come abitazioni diverse da quella principale con l’applicazione dell’aliquota deliberata dal comune per tali tipologie di fabbricati».

La tesi ministeriale non può essere condivisa, poiché anche per l’Imu il contribuente dovrebbe avere diritto al trattamento agevolato qualora utilizzi contemporaneamente diversi fabbricati come prima casa, considerato che l’articolo 13 richiede che si tratti di un’unica unità immobiliare iscritta o «iscrivibile» come tale in catasto. E’ sufficiente che sussistano due requisiti: uno soggettivo e l’altro oggettivo. Nello specifico, le diverse unità immobiliari devono essere possedute da un unico titolare e devono essere contigue.

Sergio Trovato