31.10.2014

Eni, pesa meno la tassa-Libia Cassa record con i risparmi sul gas

  • Il Corriere della Sera
Le «majors» petrolifere si preparano ad affrontare un periodo di prezzi calanti del barile, e l’Eni non fa eccezione. Anche se sotto pressione per le accuse di corruzione internazionale in Nigeria, il Cane a sei zampe mostra i primi effetti del nuovo corso del ceo Claudio Descalzi , che sta imponendo una più stringente «disciplina» di bilancio. 
Così, nel terzo trimestre dell’anno, la compagnia ha registrato un utile netto senza le componenti straordinarie di 1,17 miliardi di euro, sopra il «consensus» degli analisti finanziari (tenendo conto della plusvalenza sulla cessione della quota nel giacimento in Mozambico sarebbe stato di 1,71 miliardi, con un calo del 57%). Ma, soprattutto, ha generato cassa per quasi 4 miliardi di euro, il livello più elevato degli ultimi cinque anni. Un exploit dovuto anche ai risparmi conseguiti con la rinegoziazione dei contratti di acquisto del gas con norvegesi, russi e algerini. Piazza Affari ha apprezzato le novità, premiando il titolo con un rialzo dell’1,47%.
Il trimestre ha anche beneficiato di un sostanzioso credito di imposta di 824 milioni, relativo al ricalcolo della cosiddetta «Libyan tax», la «tassa Gheddafi» varata dal governo Berlusconi nel 2009 all’atto della firma del trattato di amicizia con l’allora Jamahiriya.
Dal punto di vista operativo la situazione non è comunque facile. In parte per la flessione dei prezzi del petrolio (-7,7%), in parte per il calo produttivo (la produzione del trimestre è scesa a 1,57 milioni di barili al giorno), l’utile operativo è calato a 3,03 miliardi (-11,8%). Notizie migliori sono arrivate dal fronte della divisione Gas, che ha ridotto di due terzi la perdita operativa (grazie appunto alle rinegoziazioni) e da quello raffinazione, che ha segnato un ritorno (limitato) al profitto.
Per il momento il gruppo Eni prosegue anche nel suo «fortunato» periodo di scoperte: ieri ha annunciato un ritrovamento in Africa, al largo delle coste del Congo, per il quale si stima un potenziale di un miliardo di barili equivalenti.
Quanto al prossimo futuro si attende l’arrivo dell’onda lunga del calo del prezzo del petrolio, sceso agli 85 dollari attuali rispetto al valore medio di 109 dollari nel primo semestre dell’anno. Gli investimenti 2014 nel complesso saranno «ottimizzati» e scenderanno rispetto ai 12,8 miliardi del 2013.
Nessuna novità, infine, sul fronte della dismissione Saipem, per la quale si è parlato anche di un aumento di capitale: «Qualunque sia la soluzione – ha detto il cfo Massimo Mondazzi – vogliamo lasciarla con un bilancio che le consenta di stare bene sul mercato».