29.04.2021

Ecobonus, cloud, 4.0, asili: il Recovery in 220 interventi

  • Il Sole 24 Ore

Il più grande vale quasi 14 miliardi, il più piccolo 10 milioni. Dalla documentazione finale del governo sul Recovery plan (Pnrr) emergono i dettagli per singolo intervento della ripartizione dei 191,5 miliardi del piano (ai quali come noto si aggiungono i 30,6 miliardi del Fondo complementare nazionale): circa 140 progetti, ciascuno dei quali si articola in varie linee di finanziamento per un totale di oltre 220, più una quarantina di “riforme” di supporto a costo zero. Emerge la mappa di spesa in tutte le sue sfumature, dalle voci più robuste (il superbonus del 110% e l’ex iperammortamento per i macchinari) alle micro-misure (Zona economica speciale della Sardegna e iniziative per Roma 4.0). Passando per il mero rifinanziamento di poste già esistenti: dal Fondo 394/81 per l’internazionalizzazione gestito da Simest (1,2 miliardi), al Fondo nazionale innovazione per il sostegno del venture capital, sotto la regia di Cassa depositi e prestiti: 300 milioni che, nelle intenzioni dell’esecutivo, serviranno a supportare 250 piccole e medie imprese innovative.

I grandi interventi

Il Pnrr si compone di iniziative nuove (circa 138 miliardi incluso il Fondo sviluppo e coesione) e di progetti già in essere ma che ora vengono finanziati dalle risorse del piano in sostituzione di precedenti coperture (oltre 53 miliardi). L’intervento più costoso si conferma quello per superbonus e sismabonus fino al 110% con 13,8 miliardi, mentre per la digitalizzazione ruba la scena il pacchetto Transizione 4.0, seppure ridimensionato rispetto al piano Conte: dei 13,97 miliardi totali, poco meno di 9 andranno al credito d’imposta per i beni strumentali 4.0 (l’ex iperammortamento), 2,5 al «bonus ricerca». Vanno 6 miliardi al progetto di efficienza energetica, messa in sicurezza degli edifici e illuminazione pubblica nei Comuni, 2,8 miliardi all’edilizia residenziale sociale, 4,6 miliardi ad asili nido e scuole materne, 4 miliardi all’ammodernamento tecnologico degli ospedali, 3,9 miliardi alla banda ultralarga fissa, 1,6 al 5G. Oltre 2,4 miliardi sono destinati al rinnovo dei bus pubblici, 1,9 miliardi allo sviluppo del biometano, 1 miliardo alla migrazione dei dati center della Pa in cloud, 960 milioni per l’estensione del tempo pieno a scuola. Scendendo di taglia, ci sono gli 800 milioni per gli edifici scolastici, 600 milioni per i centri per l’impiego e altrettanti per il “sistema duale” scuola-lavoro, 300 milioni per 400 palestre o strutture sportive collegate alle scuole. Per le imprese del turismo un pacchetto da 1,8 miliardi con tax credit per migliorare le strutture, compartecipazione a un Fondo Bei per prestiti, sezione speciale del Fondo garanzia Pmi, rifinanziamento del Fondo nazionale turismo. Fitto ovviamente il capitolo infrastrutture, con le prime voci per importo relative all’Alta velocità Liguria-Alpi (4 miliardi) e Brescia-Verona-Padova (3,7).

I micro-finanziamenti

Gli esempi citati sono ovviamente solo alcuni di quelli presenti nel grande mare degli interventi in campo. Anche per i micro-finanziamenti se ne riporta qui una parte, altri sono nelle tabelle pubblicate in queste pagine. Il grosso è composto da misure sotto i 100 milioni, come nel caso degli investimenti destinati alle Zone economiche speciali, dove il pacchetto complessivo (630 milioni) è stato suddiviso tra otto rivoli, con la Sardegna che porta a casa, come detto, la dote più piccola (10 milioni), mentre la parte del leone la fa Campania (140 milioni). Sempre restando nella stessa Missione (inclusione e coesione), al sistema di certificazione della parità di genere, citato dal premier Mario Draghi nel suo discorso alle Camere sul Recovery, sono assegnati 10 milioni che si aggiungono ai 400 milioni per la creazione di imprese femminili. E non sono molti di più quelli riservati al capitolo del sostegno alle persone vulnerabili e agli anziani non autosufficienti (500 milioni nel complesso), dove, tra le misure micro, figurano i 40 milioni destinati rafforzare i servizi sociali prevenendo il burn out (l’esaurimento provocato dal lavoro) tra gli assistenti sociali.

Se poi ci si sposta sotto la voce “istruzione e ricerca”, spiccano i 30 milioni per la scuola di alta formazione e la formazione obbligatoria. Gli stessi previsti anche per la riforma del sistema della proprietà industriale, su cui il Mise è pronto ad aprire una consultazione pubblica. Mentre, nel capitolo della “rivoluzione verde”, si va dai 10 milioni per digitalizzare tutti i 24 parchi nazionali e le 31 aree marine protette della penisola ai 30 milioni per favorire la cultura e consapevolezza su temi e sfide ambientali, anche coinvolgendo «influencer e leader di pensiero per massimizzare la diffusione dei messaggi più rilevanti su tutta la cittadinanza». Il doppio delle risorse (60 milioni) saranno invece utilizzati per istituire il servizio civile digitale reclutando giovani per aiutare circa un milione di utenti ad acquisire competenze digitali di base.