Dai primi calcoli, però, sembra chiaro che la semplice estensione di questo schema non basterebbe. È possibile che la soglia della restituzione zero venga alzata intorno ai 3.500 lordi al mese. E che il blocco della rivalutazione venga confermato anche per il futuro ma per un periodo di un paio di anni, non di più, altrimenti sarebbe bocciato sempre dalla Corte costituzionale perché misure di questo tipo devono essere temporanee. Ma è molto probabile che le percentuali di rimborso per gli scaglioni intermedi siano molto più basse. C’è un altro nodo da sciogliere, però. Tecnico ma fondamentale. Nel correttivo del governo Letta le percentuali di rivalutazione si applicano non a quella parte della pensione che supera una certa soglia ma a tutto l’assegno. Per capire: con una pensione da 1.600 euro la rivalutazione al 95% riguarda tutti i 1.600 e non solo i 100 euro che superano la soglia dei 1.500. Il pensionato prende un po’ di meno, lo Stato risparmia un po’ di più. Ma, nella stessa sentenza con la quale ha bocciato la scelta del governo Monti, la Corte costituzionale ha sollevato qualche dubbio su questa tecnica. E ha sottolineato come si «discosti in modo significativo dalla regolamentazione precedente», che di solito aumenta il prelievo solo sulla «parte eccedente».
Seguire la stessa strada consentirebbe di limitare il costo dell’operazione. Ma potrebbe portare, magari fra qualche anno, a un’altra bocciatura. Prima però c’è l’emergenza da tamponare. Presto arriverà in consiglio dei ministri il decreto legge che, di fatto, bloccherà i ricorsi in attesa che vengano definiti costi e dettagli. La soluzione vera è rinviata a dopo le regionali di fine maggio.