Draghi è dunque riuscito a vincere le resistenze presenti all’interno del Consiglio direttivo e a far varare subito il programma da oltre mille miliardi con un’«ampia maggioranza», tale da non richiedere la votazione. Il presidente della Bce ha voluto sottolineare anche l’unanimità del consiglio in merito al riconoscimento della piena legittimità degli acquisti di titoli come strumento di politica monetaria. Un principio importante, questo, che in un primo tempo era stato messo in discussione dalla Bundesbank di Jens Weidmann. C’è stato infine un più generico «consenso» sulla suddivisione del rischio dell’operazione su cui si è discusso ampiamente nel consiglio che ha deciso di mutualizzare solo il 20%, lasciando il restante 80% in capo alle singole banche centrali nazionali che dovranno concretamente acquistare i titoli. La soluzione adottata viene sicuramente incontro ai desiderata della Bundesbank ma Draghi, nella conferenza stampa seguita alla riunione del Consiglio, ha minimizzato la portata di questo aspetto che non influirebbe sull’efficacia dell’intervento. E poi, ha aggiunto, per far fronte a questi rischi, nel caso coinvolgessero il debito sovrano e i conti nazionali, la Bce può utilizzare l’Omt che prevede la possibilità di comprare titoli di un Paese in difficoltà sulla base di uno specifico piano di risanamento.
Tornando al Quantitative easing , gli acquisti avverranno sulla base delle quote delle banche centrali nell’azionariato Bce, riguarderanno scadenze dai due a 30 anni e titoli investment grade , cioè con un rating almeno di «bbb», ma non si potrà comprare più del 25% di ogni emissione e non potrà essere acquistato più del 33% del debito pubblico di un Paese. «I rischi di un peggioramento delle previsioni economiche dovrebbero diminuire dopo le odierne decisioni» assicura Draghi.