16.09.2013

Divisione beni con scorciatoia

  • Italia Oggi

Comunioni divisibili più facilmente e più velocemente e anche presso lo studio degli avvocati. Per effetto della recente conversione in legge dell’art. 76 del dl 69/2013 (c.d. decreto del Fare), è oggi possibile per gli eredi, i condomini e gli altri soggetti comproprietari di un bene domandare la divisione a domanda congiunta, ossia con una procedura abbreviata rispetto alla divisione giudiziale ordinaria, che è particolarmente onerosa e normalmente si conclude dopo diversi anni. Infine, novità emersa proprio in sede di conversione, i comproprietari potranno richiedere al giudice anche la nomina di un avvocato, e non soltanto di un notaio, per la cura dei relativi adempimenti.

Il presupposto per chiedere la divisione a domanda congiunta. È possibile ricorrere a questo particolare procedimento semplificato solo ove non vi sia controversia sul diritto alla divisione (ad esempio quando non si contesti la qualità di erede di uno o più dei partecipanti alla divisione) né sulle quote di comproprietà (cioè non si contesti l’entità delle quote) né su altre questioni pregiudiziali. In altre parole si può subito attivare detta speciale procedura solo quando non ci siano questioni giuridiche da risolvere e, più semplicemente, le parti non riescano a trovare una soluzione amichevole sul modo di dividere i beni in comunione.

La procedura da seguire. Perché il procedimento possa essere validamente avviato è necessario che i comproprietari (e gli eventuali creditori che abbiano notificato o trascritto l’opposizione alla divisione) presentino al tribunale competente per territorio un ricorso congiunto, che deve quindi essere sottoscritto da tutti i comproprietari e dagli eventuali creditori, per richiedere la nomina di un professionista a cui affidare le operazioni di divisione.

Naturalmente il ricorso, che si riferisce a beni immobili da dividere, va trascritto nei registri immobiliari. In ogni caso, quando risulti che uno dei comproprietari non lo abbia sottoscritto, il professionista incaricato dovrà rimettere gli atti al giudice che, con decreto, dichiarerà inammissibile la domanda e ordinerà la cancellazione della relativa trascrizione (ma è possibile presentare reclamo contro questa decisione, se ritenuta infondata).

Tale situazione si può verificare non solo nel caso in cui uno dei comproprietari si rifiuti di sottoscrivere il ricorso (perché sia contrario alla divisione del bene), ma anche nel caso in cui nel corso delle operazioni si scopra l’esistenza di un comproprietario o creditore ulteriore rispetto a quelli che abbiano sottoscritto l’atto.

I professionisti coinvolti nella divisione. Il testo originale del c.d. decreto del Fare prevedeva la possibilità per i comproprietari ed eventuali creditori di richiedere la nomina di un notaio per le operazioni di divisione. Tuttavia in sede di conversione in legge del decreto è stata prevista la possibilità di domandare la nomina di un notaio ovvero di un avvocato aventi sede nel circondario del tribunale competente per territorio al quale demandare le operazioni di divisione, estendendo quindi anche agli avvocati tale possibilità. L’obiettivo è evidentemente quello di snellire le procedure e affidare a soggetti dotati di specifica professionalità la risoluzione delle complesse questioni che normalmente si presentano nell’ambito delle divisioni immobiliari (individuazione dei coeredi, frazionamenti, predisposizioni dei lotti ecc.). Da notare che la scelta del notaio o dell’avvocato è a discrezione del giudice, ma solo quando le parti non lo abbiano indicato o non abbiano raggiunto un accordo sul nome del professionista da indicare. In ogni caso il giudice, su richiesta del professionista incaricato, potrà nominare anche un esperto per valutare i beni da dividere.

I compiti del professionista incaricato: il progetto di vendita o divisione. Il notaio o l’avvocato designato, nel termine fissato dal giudice, deve predisporre il progetto di divisione dei beni, formando tanti lotti quanti sono i comproprietari. Tuttavia è possibile che i beni non siano comodamente divisibili: in tal caso il professionista può procedere alla vendita dei medesimi (allo stesso modo procederà nel caso in cui l’eredità sia formata da un solo immobile e gli eredi siano numerosi) e poi passare alla distribuzione del ricavato.

Avvenuta la vendita, entro 30 giorni dal versamento del prezzo, il professionista designato predispone il progetto di divisione del ricavato e ne dà avviso alle parti e agli altri interessati, affinché possano eventualmente ricorrere al tribunale per opporsi a tale vendita. Se, invece, non vi è stata la vendita, il professionista che ha predisposto il progetto di divisione avvisa i comproprietari che, sempre entro 30 giorni, possono contestare le scelte del notaio o dell’avvocato.

Qualora l’opposizione al progetto o alla vendita sia proposta e accolta, il giudice dà le disposizioni necessarie per la prosecuzione delle operazioni divisionali. Se l’opposizione viene respinta, in assenza di espressa previsione di legge, si deve ritenere che il giudice possa dichiarare esecutivo il riparto del ricavato o il progetto e disporre gli ulteriori adempimenti. Allo stesso modo, se non è stata proposta opposizione, il professionista incaricato deposita senz’altro in cancelleria il progetto di divisione (o il riparto del ricavato) con la prova degli avvisi effettuati ai comproprietari e il giudice allora dichiara esecutivo il progetto o il riparto, rimettendo gli atti al professionista designato per i connessi adempimenti burocratici.