È consentita la deducibilità immediata, oltre che dei crediti di modeste dimensioni, anche dei crediti prescritti. È quanto stabilisce l’articolo 33, comma 5 del Dl 83/2012 anche nella sua versione definitiva post conversione.
La nuova disciplina prevede espressamente che gli elementi certi e precisi ai fini della deducibilità della perdita sussistono quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto, a prescindere dall’importo. Quindi la deducibilità automatica, cioè senza necessità di formalità di recupero, scatta oltre che per i piccoli crediti anche per i crediti prescritti. Si tratta, però, di una fattispecie la cui applicazione pratica pone alcuni problemi.
La prescrizione dei crediti intesa come momento a partire da cui si estingue il diritto alla riscossione, è disciplinato dagli articoli 2934 e seguenti del Codice civile. Il termine di prescrizione non è omogeneo per tutte le tipologie di credito, infatti, accanto alla prescrizione ordinaria decennale (articolo 2946, Codice civile) sono previsti termini più brevi in relazione a determinate fattispecie di rapporti (si veda la tabella in basso). Si tratta, per quanto riguarda i casi di interesse dell’impresa, di crediti per canoni di locazione, con termine di cinque anni e anche degli interessi e di tutto ciò che deve pagarsi periodicamente (ad esempio utenze o pulizie). Nel termine ulteriormente ridotto di un anno si prescrive il diritto alla provvigione, quello ai premi assicurativi e quello relativo a prestazioni di trasporto e spedizione (il termine sale a 18 mesi per i trasporti esteri).
Individuato il termine di prescrizione si pongono una serie di questioni più complesse ai fini di determinare l’avvenuta prescrizione, quali: e il momento a partire da cui parte il computo della prescrizione (dies a quo); r la presenza di eventuali interruzioni della prescrizione; t la rilevanza delle prescrizioni presuntive (articoli 2954 e seguenti, Codice civile). Vediamo nel dettaglio le problematiche. e La decorrenza: in base all’articolo 2935 del Codice civile la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere e quindi dal momento in cui il diritto è sorto. La stessa soluzione vale anche in caso di crediti esigibile ad un dato termine dalla richiesta (Cassazione 86/1731). Quindi nei vari casi si porrà il problema di definire il momento iniziale della prescrizione, problema non facilmente risolvibile posto che sono necessari dati (momento di maturazione del diritto) non tangibili dalla contabilità. La soluzione auspicabile sarebbe quella di introdurre ai fini fiscali una presunzione di maturazione a decorrere dalla data di scadenza della fattura di riferimento.
r Questione ancora più complessa riguarda eventuali interruzioni o sospensioni della prescrizione, che ne impediscono la maturazione. Infatti la prescrizione può essere interrotta da qualsiasi atto che valga a costituire in mora il debitore. A tale fine è sufficiente un’intimazione o richiesta al debitore fatta per iscritto.
Quindi, si pone il problema di come provare all’amministrazione finanziaria l’effettivo compimento della prescrizione. In altre parole il contribuente può essere chiamato a fornire la prova degli atti interruttivi che ha effettuato o ancor peggio la prova negativa dell’assenza di atti interruttivi. Quest’ultima prova può rivelarsi “diabolica” in quanto l’avvenuto invio di solleciti o simili non trova riscontro né in contabilità né in altre fonti. Su questo punto è quindi più che mai necessario un chiarimento.
t In merito alle prescrizioni presuntive, l’articolo 33, Dl 83/2003 collega la deducibilità all’avvenuta prescrizione del credito senza distinguere fra prescrizione ordinaria e presuntiva. La prescrizione presuntiva o impropria è una presunzione non assoluta ma relativa con limitata possibilità di prova contraria da parte del creditore. La ratio della legge consiste nel fatto che in ordine ad alcuni rapporti della vita quotidiana (ad esempio, vitto e alloggio; commercio al dettaglio; farmacie), per i quali il pagamento avviene di solito senza dilazione e senza quietanza scritta, si presume che il pagamento sia già stato effettuato. Date le caratteristiche di tale presunzione e la sua non valenza quale prova assoluta, conclusione logica sarebbe quella di non ritenerla utile ai fini della deducibilità fiscale. Va infine considerato il fatto che l’imprenditore che lascia prescrivere un credito integra un comportamento antieconomico, causando una perdita. L’amministrazione finanziaria sul tema della perdita da rinuncia al credito richiede, ai fini della deducibilità, i requisiti di inerenza e di inevitabilità del costo; requisiti che sussistono quando i tentativi di recupero sarebbero più onerosi della stessa rinuncia.