23.10.2012

Decreto taglia-Province, pronti i commissari

  • Il Corriere della Sera

ROMA — Non è solo la nuova mappa a preoccupare i presidenti delle province. Certo, il taglio di 36 caselle in un colpo solo non è facile da mandare giù. Ma il vero motivo della loro protesta, che nei prossimi giorni potrebbe portarli tutti a Roma in assemblea, sta nel commissariamento in arrivo per tutti.
Oltre a ridisegnare la cartina dell’Italia, il decreto legge allo studio del governo dovrebbe prevedere per tutte le province lo scioglimento anticipato a giugno del 2013. Poi la nomina di un commissario e subito dopo il voto con i nuovi confini e con le nuove regole, cioè con i consigli provinciali eletti non più dai cittadini ma dai consiglieri comunali della zona. In molti casi l’anticipo rispetto alla scadenza naturale sarebbe notevole: di due anni per quattro province, addirittura di tre anni per altre dieci. «Siamo contrari agli scioglimenti anticipati — dice il presidente dell’Unione delle province Giuseppe Castiglione — perché il processo di accorpamento è troppo delicato per essere gestito da un commissario». Se la norma diventerà legge sarà probabilmente impugnata davanti alla Corte costituzionale, come già avvenuto per il nuovo sistema elettorale. Allora perché il governo vuole fare un passo del genere? C’è una motivazione tecnica: la legge sulla spending review ha cambiato le funzioni delle province. Lasciarle andare tutte a scadenza naturale significherebbe avere per un lungo periodo un sistema misto, alcune di serie A e altre di serie B. Ma c’è anche una motivazione politica: secondo il governo stringere i tempi è l’unico modo per mettere la riforma al riparo dai dietro front possibili in campagna elettorale o con il nuovo governo. Ma il punto è delicato.
A protestare non sono soltanto i presidenti delle province che saranno accorpate, come quelli di Benevento e Treviso, che parlano di «sospensione della democrazia». Anche il responsabile enti locali del Pd, Davide Zoggia, dice che «non si può procedere con un atto di imperio». Il ministro per la Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, ripete il suo appello: «Mi auguro che conservatorismi e particolarismi non ostacolino questo processo e che ognuno guardi all’orizzonte più ampio, al ridisegno del Paese chiesto peraltro a gran voce anzitutto dai cittadini». Ma qualcosa potrebbe ancora cambiare, anche sulla mappa.
Arezzo insiste nel chiedere il ripescaggio perché in base al nuovo censimento avrebbe superato la soglia minima dei 350 mila abitanti. E molti sottolineano l’eccezione prevista fin dall’inizio per La Spezia, salva anche senza gli abitanti e i chilometri quadrati necessari. All’interno della Regione confina solo con Genova che diventerà città metropolitana. Sarebbe diventata il «quartiere» di una città lontana 100 chilometri. Ma resta il fatto che La Spezia è salva anche se è troppo piccola. La metà di Isernia, per dire, che invece scompare.