Via libera ieri alla Camera, 318 sì, 178 no e un astenuto, alla fiducia sul decreto banche. Il voto sul testo, previsto per oggi, potrebbe slittare a domani a causa dell’ostruzionismo già annunciato dal Movimento 5 Stelle.
Ad animare il dibattito c’è il fatto che il testo uscito dalla commissione ha accolto solo una modifica tecnica, quella che imbarca nel decreto sulle venete il provvedimento precedente sui blocca-bond delle banche che chiedono la ricapitalizzazione precauzionale. Fuori gioco, quindi, rimangono le modifiche, tra cui quelle prima presentate e poi ritirate da governo e relatore, che fra gli altri aspetti estendevano il raggio d’azione degli indennizzi ai titolari di obbligazioni subordinate.
E proprio il nodo rimborsi, com’è inevitabile, scalda la polemica: ieri i deputati del Pd hanno incontrato i rappresentanti di alcune associazioni di risparmiatori e azionisti delle due banche, assumendo l’impegno a trovare soluzioni «nei prossimi provvedimenti» a favore dei piccoli azionisti frodati e degli investitori che nei mesi scorsi hanno aderito all’offerta di transazione. Difficile, però, nel calendario attuale, trovare un veicolo normativo utile a breve.
Il sistema dei rimborsi, quindi, rimane al momento quello prefigurato dal decreto approvato dal governo, che in pratica aggancia gli indennizzi veneti al sistema previsto a suo tempo per le quattro banche regionali andate in risoluzione.
Questo comporta una doppia conseguenza, illustrata peraltro in dettaglio dalle Faq sull’operazione-venete diffuse ieri da Banca d’Italia. I rimborsi sono limitati a chi ha acquistato i bond subordinati, direttamente da Popolare Vicenza o Veneto Banca, entro il 12 giugno 2014, data di entrata in vigore della direttiva europea Brrd, e li ha tenuti in portafoglio fino all’avvio delle procedure di liquidazione, avvenuto con la pubblicazione del provvedimento in «Gazzetta Ufficiale» domenica 25 giugno.
L’indennizzo standard all’80% (ma Intesa si è impegnata a coprire il 20% mancante) è riservato a chi non abbia un reddito complessivo superiore a 35mila euro e un patrimonio mobiliare (azioni, bond eccetera) sopra i 100mila euro.
Per gli altri si apre la strada dell’arbitrato che però, come sanno bene gli investitori di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara, attende ancora le nomine degli arbitri da parte dell’Anac.
Per “attualizzare” questo sistema, pensato ormai più di un anno fa, un emendamento aveva ipotizzato l’estensione del diritto al rimborso agli acquisti di bond junior effettuati entro il 1° febbraio scorso ma anche questa proposta, insieme alla defiscalizzazione dei ristori e all’estensione del calendario per Intesa sulla retrocessione dei crediti, è stata travolta dalla decisione di mantenere «blindato» il decreto.
Questa scelta ha bloccato anche gli strumenti aggiuntivi pensati per la gestione dei crediti da parte della Sga e l’esclusione dal bail in per le Casse di previdenza. Quest’ultimo tema resta comunque in agenda e potrebbe trovare spazio nella prossima legge di bilancio, dopo che la manovrina correttiva (Dl 50/2017) aveva tolto la minaccia ai fondi pensione.
La blindatura, ha ribadito ieri il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, è stata decisa per «evitare l’evidente tentativo di non far approvare questo intervento di salvataggio»; tentativo tradottosi, nell’ottica del governo, prima in oltre 600 emendamenti presentati al testo e poi nella minaccia di ostruzionismo.
La ricaduta pratica sono gli oltre 150 ordini del giorno presentati dai gruppi; 83 di questi arrivano dal Movimento 5 Stelle, su ciascuno dei quali i deputati grillini hanno chiesto 10 minuti di discussione e il voto finale. Da qui la riunione fiume in programma oggi, che sposterà il voto a venerdì.
Alla Camera, in realtà, le schermaglie parlamentari non preoccupano la maggioranza, visti i numeri ampi. Lo stesso non accade però in Senato, dove il margine è risicato e già in commissione Finanze potrebbero farsi largo nuovi distinguo, in particolare da sinistra.