«Non è una trappola ora, lo è quando esci dal programma. Il Qe non aiuta l’economia reale, aiuta il mercato che ne diventa dipendente. Ogni volta che c’è un annuncio di Qe i mercati salgono solo per il presupposto che funzioni. Come mostro nel mio libro, l’ammontare vero di denaro che dalla Banca centrale passa all’economia reale è minimo».
Mario Draghi ripete che la politica monetaria da sola non basta contro la crisi, gli Stati devono fare le riforme. È la formula giusta?
«No. La recessione da saldi di bilancio è come una polmonite. Le riforme strutturali che Draghi suggerisce equivalgono alla dieta e agli esercizi da seguire quando si è malati, ma quando hai i conti in profondo rosso e si è in bancarotta anche se fai la dieta o gli esercizi resti in bancarotta. Dunque cosa accade? Quando si è in rosso si punta ad aumentare i risparmi e a ridurre il debito. Ma se tutti lo fanno nello stesso momento l’economia collassa, perchè se qualcuno risparmia, qualcun altro deve prestare i soldi. Le riforme strutturali da sole non bastano, è necessario che i governi investano».
Ritiene che le politiche di austerità funzionino?
«L’austerità non è la risposta alla crisi, rende la situazione sempre peggiore. Il Trattato di Maastricht è difettoso perché non permette di gestire la recessione che è in atto. Andrebbe cambiato. In Italia i risparmi privati rappresentano quasi il 7% del Pil, in Irlanda l’11,9%, in Portogallo il 6,9%, in Spagna il 6,3%: tutti questi Paesi hanno uno spazio fiscale perché i risparmi sono maggiori dei rispettivi deficit nazionali, ma non ce l’hanno perché sono nell’eurozona. Il Trattato dice che puoi spendere solo il 3% del Pil. Ma se l’Italia fosse fuori dell’eurozona il suo deficit potrebbe essere almeno del 7% per eguagliare il surplus del settore privato. E per evitare che i risparmiatori fuggano verso titoli di altri Paesi, come la Germania o gli Usa, bisognerebbe introdurre dei tassi di rischio su quei bond».
Come considera il piano di investimenti di Juncker?
«Meglio di niente. Ma il punto di partenza di ogni dibattito in Europa deve essere il confronto tra risparmi del settore privato e deficit pubblico».