Anche le retribuzioni per dipendente variano e sono più alte del 20% tra le aziende che innovano. In questo caso, l’effetto maggiore è legato alla titolarità di brevetti (41%), seguiti dai disegni e modelli (23%) e, infine, dai marchi (19%).
Queste performance sono particolarmente evidenti tra le Pmi (che nello studio dell’Uami sono considerate secondo lo standard internazionale: meno di 250 dipendenti e di 50 milioni di euro di fatturato).
Perchè se è vero che solo una minoranza di queste in Europa possiede brevetti, marchi e disegni o modelli, quando invece depositano e innovano, il loro ricavo per dipendente aumenta di ben il 32%. Molti di più di quel 4% di aumento che si registra tra grandi aziende “innovative” rispetto a quelle che non lo sono. Insomma, sulle Pmi, l’innovazione diventa essenziale, si a per i ricavi sia per le retribuzioni degli addetti. «Con la creazione delle banche dati online, gratuite e globali, su marchi, disegni e modelli (TMview e DesignView) – ha detto António Campinos, presidente dell’Uami – abbiamo già consentito a milioni di aziende e singoli individui di effettuare ricerche in materia di proprietà intellettuale. Dallo studio emerge, tuttavia, che dobbiamo fare di più per promuovere i vantaggi economici della proprietà intellettuale tra le Pmi, poiché ne possono trarre i maggiori benefici».
Nella Ue il 40% dell’attività economica complessiva nella Ue (circa 4.700 miliardi di euro all’anno) è generato dalle industrie ad alta intensità di valore aggiunto e circa il 35% dell’occupazione totale (77 milioni di posti di lavoro) deriva direttamente o indirettamente da industrie con un utilizzo dei diritti di proprietà intellettuale superiore alla media.