20.01.2014

Dagli esami medici ai mutui stangata sulle spese detraibili Si cerca di esentare i redditi bassi

  • La Repubblica

ROMA — Mancano poco più di dieci giorni per evitare l’ennesimo aumento di tasse. Non è una sorpresa, visto che lo prevede la legge di Stabilità entrata in vigore il 27 dicembre scorso. Ma l’effetto sarà depressivo e paradossale. Depressivo perché penalizzerà i redditi bassi. Paradossale perché questa nuova scure è stata pensata per consentire il taglio del cuneo fiscale. Se dunque con una mano il governo mette più soldi nelle tasche dei lavoratori (in media 191 euro quest’anno), dall’altro li toglie. In parte o anche fin quasi a depotenziare quell’aiuto.
Il meccanismo questa volta si chiama “taglio lineare” delle detrazioni. È retroattivo (e dunque contro la legge, cioè lo Statuto del contribuente), operativo già tra qualche mese quando gli italiani faranno la dichiarazione dei redditi relativi al 2013. E consiste nella diminuzione di un punto (dal 19 attuale al 18%). Seguito da un altro punto in meno nel 2015 (dal 18 al 17%). Cosa significa in concreto? Meno soldi risparmiati,
dunque più tasse per gli oltre 19 milioni di italiani che usufruiscono proprio delle detrazioni per abbassare l’Irpef da pagare. Sottraendo dall’imposta, nella misura del 19% appunto, le spese per il mutuo e quelle sanitarie, la retta degli asili nido, la palestra dei figli, le ricevute del veterinario, gli affitti degli studenti fuorisede, il costo del notaio quando si compra casa.
Sconti che valgono 28,8 miliardi (ultimo dato ufficiale del 2012 sui redditi 2011), 1.490 euro in media a testa. E che fino allo scorso anno finivano nelle tasche dei contribuenti. Da quest’anno saranno alleggeriti di 288 milioni (15 euro in media a testa, ma dipende dai casi). In totale, lo Stato risparmierà 488 milioni nel 2014, 773 milioni nel 2015 e 565 dal 2016. Cifre assicurate grazie al gioco tra cassa e competenza, di fatto un anticipo contabile del taglio per l’anno successivo. Ecco perché bastano i 288 milioni di quest’anno, ottenuti con un taglio cieco e iniquo per tutti dal 19 al 18%, salvaguardando dice la legge solo «i soggetti invalidi, disabili o autosufficienti ».
In realtà, un paio di vie d’uscita ci sarebbero. Il taglio mirato: ma cosa sacrificare delle 15 macro- aree di detrazioni possibili senza provocare rivolte? Oppure il taglio in base al reddito. Il governo non ha ancor aperto il dossier. Ci lavoreranno a partire da oggi i tecnici del ministero dell’Economia. Ma l’impresa è ardua anche in questo secondo caso. Il 60% dei contribuenti che usufruisce delle detrazioni dichiara sotto i 29 mila euro l’anno. Se per questi l’aliquota fosse preservata e dunque lasciata al 19%, abbassandola al 18% per la fascia tra i 29 e i 60 mila euro e al 17% per chi sta sopra i 60 mila euro, l’erario incasserebbe appena 144 milioni, la metà dell’obiettivo. Una partita difficilissima.
Tra l’altro il governo ha già colpito duramente le detrazioni, seppur per una “buona” causa (la salvaguardia di altri esodati). Il decreto Imu di fine agosto ha difatto dimezzato il tetto (da 1.291 euro a 630 euro, addirittura a 230 l’anno prossimo) per detrarre le polizze vita, la terza voce
più “pesante” delle detrazioni dopo sanità e mutui prima casa, visto che nel 2012 valeva 3,6 miliardi risparmiati da sei milioni e trecentomila italiani (570 euro in media). Infine la beffa più amara. La detrazione per i libri per un massimo di duemila ero. Il governo l’aveva declamata come novità fiscale dell’anno. A rischio taglio ancor prima di nascere.