Alla flessione del credito corrisponde il rallentamento dell’offerta di moneta, a cui la Banca centrale guarda con attenzione (sia pure meno intensa rispetto al passato). La massa monetaria M3, la misura più ampia, è cresciuta ad aprile dello 0,8%, il ritmo più lento da settembre 2010, rallentando ulteriormente rispetto a marzo (+1%) e febbraio (+1,3%): sono cifre lontanissime dalla media storica (5,5%) a quella pre-crisi (+7,1%). Ad aprile le banche di Eurolandia hanno venduto titoli non azionari (in particolare corporate bond) mentre sono tornate ad acquistare – spiegano Ebrahim Rahbari e Antonio Montilla di Citigroup – titoli di Stato domestici: 8,7 miliardi, dei quali sei sottoscritti dalle sole banche italiane e la parte restante soprattutto da aziende di credito belghe, olandesi e tedesche.
Il ritorno delle banche sui titoli di Stato è uno degli aspetti di un fenomeno che preoccupa un po’ la Banca centrale europea. Il suo Rapporto sulla stabilità finanziaria, pubblicato ieri, sottolinea – sia pure in un contesto ottimistico sulla tenuta del sistema creditizio – che la corsa ai titoli di Stato ad alto rendimento, segnalato dalla flessione degli spread, suscita anche qualche timore sulla possibilità che si accumulino squilibri e che si abbia «una brusca e disordinata inversione dei recenti flussi di investimento». Un rischio reso più acuto dalla crisi in Ucraina e dall’eventualità di un rallentamento dell’economia cinese. Il vicepresidente della Bce Vitor Constancio ha precisato che non si tratta di previsioni, ma di «rischi e vulnerabilità per i prossimi 18 mesi». In ogni caso il rapporto Bce consiglia di predisporre «cuscinetti» o «protezioni» che riparino i bilanci delle banche, ma anche quelli di assicurazioni e di fondi pensione.
Anche perché non ci sono segnali che indichino un miglioramento della situazione di bassa crescita e bassa inflazione che pesa su tutta l’economia di Eurolandia come sulle aziende di credito. Oltre a M3 pure M1, la misura più stretta di offerta di denaro, è rallentata passando al +5,2% annuo, il minimo da 20 mesi, dal +5,6% di marzo (+7.4% la media storica, +9,7% quella pre-crisi). In questo caso la frenata ha riguardato le banconote in circolazione, probabilmente a causa della Pasqua (che nel 2013 cadeva a marzo, alterando così tutti i confronti annuali), un fattore quindi transitorio. È anche vero però che la media trimestrale (mobile), meno sensibile a fattori temporanei, è calata al 5,7% dal 6% di marzo e febbraio, dal 6,1% di gennaio e dal 6,3% di dicembre.
Non è, questo, un buon auspicio per la crescita. Depurando il dato dall’inflazione, spiegano Rahbari e Montilla, «il ritmo di crescita di M1 reale è rallentato al 4,5% ad aprile dal 5,1% del primo trimestre e dal 4,7% del quarto trimestre del 2013. Dal momento che M1 ha in genere una buona capacità di anticipare di quattro trimestri la crescita del Pil, questi dati non suggeriscono molto un rialzo della crescita di Eurolandia nei prossimi trimestri, in assenza di nuove iniziative di politica economica».
È quindi evidente che i dati di ieri – che andranno letti insieme a quelli sull’inflazione flash di maggio che saranno pubblicati martedì – rafforzano l’attesa di una mossa decisa di politica monetaria nella riunione della Bce di giovedì prossimo: non solo un taglio dei tassi ufficiali dallo 0,25% allo 0,10% (con tassi sui depositi negativi, al -0,10%), che ormai avrebbe un effetto limitato, ma forse anche un’operazione sulla liquidità o, se possibile, direttamente sui prestiti alle aziende, soprattutto alle piccole e medie imprese.