28.09.2016

Credito al consumo, per l’acquirente tutela più ampia

  • Il Sole 24 Ore

Nei contratti di credito al consumo, l’inadempimento del fornitore trascina con sé anche il contratto di finanziamento. La Terza sezione civile della Cassazione – sentenza 19000/16, depositata ieri – rafforza la difesa del contraente “debole”, che può così liberarsi di due vincoli in un colpo solo, dando continuità sul punto alla direttiva 2000/48/CE e alle sentenze di legittimità più recenti (Cassazione 20477/14).
Il caso da cui origina il ricorso è un semplicissimo acquisto di autovettura e il collegato contratto di finanziamento bancario. L’acquirente a un certo punto cita per inadempimento il venditore (mancata consegna entro i termini pattuiti) e chiede al Tribunale di Roma anche la contestuale risoluzione del contratto di finanziamento. Il giudice di merito accoglie la prima domanda – inadempimento -, ordina al venditore di adempiere le obbligazioni nei confronti della banca, ma rigetta la pretesa dell’acquirente di dichiarare risolto contestualmente il contratto di mutuo in quanto «negozialmente collegato» all’acquisto dell’auto.
Sia il Tribunale sia la Corte d’appello non prendono in considerazione il versante del finanziamento in quanto, pur versando in una innegabile ipotesi di credito al consumo, l’acquirente non avrebbe dimostrato la clausola di esclusiva vigente tra gli altri due soggetti. Si tratta in sostanza del requisito richiesto dall’articolo 42 del Codice del consumo, che parla di un «accordo che attribuisce al finanziatore l’esclusiva per la concessione di credito ai clienti del fornitore» come condizione per il compratore di agire contro la banca/intermediario.
Il fatto è, però, che questa norma è stata abrogata dal dlgs 141 /2010 dopo, tra l’altro la censura arrivata l’anno prima dalla Corte di Giustizia europea (C-509/07), secondo cui quella clausola di esclusiva «non è presupposto necessario del diritto del consumatore di procedere contro il creditore, in caso di inadempimento delle obbligazioni da parte del fornitore, al fine di ottenere la risoluzione del contratto di credito e la restituzione delle somme corrisposte al finanziatore».
Disapplicando quindi questa norma, la Terza civile della Cassazione ripesca le regole in vigore ratione temporis (il contratto di acquisto dell’auto risale alla metà della decade scorsa), cioè il dlgs 385/1993, indicando alla Corte d’appello – a cui viene rinviato il processo cassato – i criteri per ravvisare o meno l’esistenza di un collegamento negoziale di fonte legale tra i due contratti in questione (l’acquisto dell’auto e il finanziamento). Se la risposta sarà positiva, il mancato compratore vedrà risolto anche il contratto di prestito bancario. Quanto all’auto, il mancato acquisto nel frattempo è già caduto abbondantemente in oblio.

Alessandro Galimberti