02.02.2017

Correzione nel Def, con tagli e accise

  • Il Sole 24 Ore

Una correzione ci sarà, ma all’interno di una strategia di lungo periodo che deve considerare anche «ben oltre un miliardo» di spesa eccezionale aggiuntiva per il terremoto: in questo quadro, la partita più importante sarà giocata sulla colonna delle entrate, che assorbirà i tre quarti dell’aggiustamento senza aumentare le aliquote Iva ma concentrandosi sulla lotta all’evasione (sempre sull’Iva) e su possibili ritocchi alle accise. L’altro quarto del cammino sarà a carico dei tagli di spesa, che per il 90% andrà attuato attraverso un nuovo programma di spending review e per il 10% da una limatura degli sconti fiscali (tax expenditures). A conti fatti, insomma, Roma si dice disponibile alla correzione, da avviare però nella cornice di programmazione rappresentata dal prossimo Def di aprile: e avendo la possibilità di spendere di più per le zone terremotate (con un sostanziale “saldo” tra aggiustamento e nuova spesa non strutturale non superiore ai 2 miliardi). Una manovra immediata, invece, rischierebbe di azzoppare una crescita ancora debole.
Alle nove di ieri sera il ministero dell’Economia ha pubblicato la lettera inviata a Bruxelles per rispondere alla richiesta di aggiustamento da due decimali di Pil arrivata dalla commissione Ue due settimane fa. La lettera firmata dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è accompagnata da 86 pagine di rapporto sui «fattori rilevanti», che nel giudizio italiano giustificherebbero quello che «appare a prima vista» uno scostamento dalla regola del debito. Scostamento che Roma nega nella sostanza. Tanta ricchezza di approfondimento si spiega con il fatto che proprio i fattori rilevanti sono secondo il governo il primo aspetto da considerare per inquadrare il problema sollevato dall’Europa. Fra questi primeggiano nell’analisi di Roma l’inflazione piatta del periodo, che l’anno scorso si è trasformata in deflazione (da 0,1%), e l’alta volatilità dei mercati che ha frenato il programma di privatizzazioni. In prospettiva, invece, nuovi rischi arrivano dalla torsione protezionista intervenuta negli Usa con l’elezione di Donald Trump e dalla possibile concorrenza fiscale che potrebbe essere attivata dalla Gran Bretagna dopo la sua uscita dalla Unione. A questi elementi si aggiunge ora la nuova spesa per il terremoto, che non è ancora oggetto di stima definitiva ma vale «ben oltre un miliardo», e sarà smobilizzata con un fondo ad hoc. A completare le controdeduzioni ai conti di Bruxelles interviene poi l’eterno braccio di ferro sull’output gap, cioè sulla distanza fra crescita potenziale ed effettiva, che secondo i modelli italiani è più ampio dello 0,8% del Pil calcolato in Europa.
Premesso tutto questo, comunque, Roma non chiude la porta a un aggiustamento, anche se non arriva a definirne un calendario dettagliato come atteso da Bruxelles. A giustificare l’incertezza, secondo il governo, c’è anche l’esigenza di aspettare il dato definitivo sulla crescita 2016, che arriverà a metà mese e potrebbe rivelarsi più alto dello 0,8% indicato nella nota di aggiornamento all’ultimo Def (l’Upb stima uno 0,9%). L’esigenza di non soffocare questa dinamica ancora debole è l’argomento principale utilizzato dall’Italia per prospettare un programma di interventi a medio termine. Allo stesso obiettivo di una politica economica pro-crescita risponde quindi la scelta degli strumenti di intervento possibili. Sulle entrate, le promesse maggiori arrivano come previsto dalle misure di lotta all’evasione dell’Iva che, anche se la lettera non lo dice espressamente, dovrebbero puntare su un’estensione del reverse charge (si veda la pagina a fianco). Oltre a questo, non è escluso un ritocco di alcune accise, ma la scelta dipenderà anche dalla dinamica effettiva delle spese da finanziare per il terremoto.
Il Fisco entra anche nei programmi sulla riduzione di spesa, sotto forma di razionalizzazione delle agevolazioni, ipotesi che riprende quota dopo essere stata più volte annunciata e congelata. Da questo versante, politicamente delicato, il contributo non potrà però essere particolarmente alto. Il grosso (90%) dovrà arrivare da un nuovo programma di riduzione delle spese per il funzionamento della macchina pubblica, i «consumi intermedi»; programma che si baserà sul rafforzamento del modello Consip per l’acquisto di beni e servizi ma anche su una nuova gestione dei budget ministeriali, prevista dalla riforma della legge di bilancio con tanto di calendario degli interventi.

Marco Rogari
Gianni Trovati