02.03.2015

Contratto a tutele crescenti promosso al test dei costi

  • Il Sole 24 Ore

Contributi Inps azzerati per tre anni e un taglio del costo del lavoro che può arrivare a superare il 50% in caso di cumulo del bonus previsto dalla legge di Stabilità 2015 con altri incentivi per l’assunzione. Nella carta d’identità del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti che sta per debuttare nel mercato del lavoro – dopo il varo definitivo del decreto attuativo del Jobs act da parte del Governo – c’è una ricca quota di benefici diretti alle imprese che decidono in questi giorni i piani di recruiting da portare a compimento nel 2015.
Il nuovo contratto si presenta quindi appetibile per le aziende intenzionate ad assumere nuovi lavoratori (o a stabilizzare rapporti a termine), sia per l’incentivo contributivo, sia per la prevalenza del risarcimento economico in caso di controversia su un eventuale futuro licenziamento. Bisogna ricordare, però, che l’esonero contributivo ha un limite: spetta per tre anni, ma solo per le assunzioni che avvengono nel 2015.
A disposizione dei datori restano ovviamente altre formule contrattuali (in attesa dell’uscita di scena delle collaborazioni a progetto, che dovrebbe avvenire a breve), che saranno valutate principalmente in base alla loro convenienza economica. Il Sole 24 Ore del Lunedì ha provato a fare un confronto, calcolando come varia il costo mensile per assumere un giovane operaio metalmeccanico, a seconda del tipo di contratto prescelto.
Ipotizzando una retribuzione lorda di 1.589 euro, risulta che con il bonus della legge di Stabilità l’azienda risparmia 505 euro di “bollini” Inps al mese e il costo complessivo coincide con la retribuzione lorda.
Costa di più il contratto a termine, che la legge Fornero del 2012 ha voluto rendere più oneroso, con un aumento dei contributi dell’1,4%: gli oneri previdenziali arrivano a 527 euro. E siccome lo sconto previsto dalla legge di Stabilità si applica solo alle assunzioni a tempo indeterminato, l’esborso mensile passa a 2.116 euro, il 33% in più.
Lo stesso calcolo vale anche per la somministrazione a tempo determinato. In questo caso, però, c’è da considerare anche la “commissione” richiesta dall’agenzia per il lavoro all’azienda che impiega il lavoratore: in media, si può stimare intorno al 10% della retribuzione annua lorda. Il costo più elevato si abbina, però, a numerosi vantaggi normativi, come l’assenza di tetti numerici (salvo clausole del contratto collettivo) e di durata (non vale come per i contratti a termine la soglia massima dei 36 mesi) e la possibilità di arrivare fino a sei proroghe per ciascun contratto.
La somministrazione a tempo indeterminato o staff leasing, che nelle intenzioni dell’Esecutivo dovrebbe prendere quota grazie all’abolizione delle causali prevista da un altro decreto attuativo del Jobs act (quello di riordino delle tipologie contrattuali atteso in Parlamento per i pareri delle commissioni) porta in dote l’esonero previsto dalla legge di Stabilità, quindi i contributi Inps sono azzerati per tre anni, ma il costo è più alto per il compenso riconosciuto all’agenzia: si sfiorano così i 1.800 euro mensili.
Leggermente più alto il costo per avvalersi di un collaboratore a progetto: ai 1.589 euro di compenso lordo si somma il 20,48% di contributi Inps, pari a 325 euro.
La formula vincente – considerando esclusivamente l’aspetto economico – si conferma l’apprendistato, che costa circa il 9% in meno al mese rispetto al contratto a tutele crescenti (anche se l’apprendistato non accede all’esonero contributivo previsto dalla legge di Stabilità).
La possibilità offerta all’azienda di sottoinquadrare l’apprendista con paga del primo livello (rispetto al terzo livello previsto per gli altri contratti) abbassa la retribuzione mensile lorda a 1.300 euro, a cui si sommano contributi Inps calcolati in base all’aliquota agevolata dell’11,61%, ipotizzando che il datore di lavoro abbia alle proprie dipendenze più di nove persone (nelle aziende più piccole i contributi sono addirittura azzerati). Per gli apprendisti, però, il datore deve mettere in conto un percorso formativo, che giustifica i consistenti sgravi economici di cui beneficia il contratto.